“Ci stiamo privando di essenziali anticorpi democratici”. Un monito, lanciato dal giurista Stefano Rodotà tra le pagine online del quotidiano La Repubblica . “Se la legge sulle intercettazioni verrà approvata nel testo in discussione al Senato – si legge – sarà fatto un passo pericoloso verso un mutamento di regime”. “Se quel testo diverrà legge della Repubblica – ha continuato Rodotà all’inizio del suo intervento – in un colpo solo verranno pregiudicati la libertà di manifestazione del pensiero, il diritto di sapere dei cittadini, il controllo diffuso sull’esercizio dei poteri, le possibilità d’indagine della magistratura”.
Sono già 12mila le persone – ma anche gruppi e associazioni – che hanno aderito ad un appello online contro il DDL intercettazioni . Una mobilitazione a mezzo web, in reazione alla significativa accelerata nei lavori della Commissione Giustizia al Senato, per trasformare definitivamente in legge il disegno portato avanti dal ministro per la Giustizia Angelino Alfano.
Un DDL vigorosamente contestato, che – stando all’appello rivolto ai senatori intitolato la libertà è partecipazione informata – scardinerebbe aspetti essenziali del sistema costituzionale. Gettando, a dire del giurista Guido Scorza , un carico di disposizioni liberticide sul mondo dell’informazione, sia online che offline.
Come noto, una delle sezioni più discusse del DDL Alfano è il comma 28, ovvero quello che imporrebbe l’obbligo di rettifica anche a blogger e gestori di siti d’informazione amatoriale . Obbligo che dovrà essere rispettato entro 48 ore dalla pubblicazione online. Ma il DDL mira anche a regolamentare l’utilizzo delle intercettazioni nel corso delle indagini.
“Se la legge verrà approvata – si legge nel testo dell’appello – la magistratura non potrà più intervenire efficacemente su illegalità e scandali come quelli svelati nella sanità e nella finanza, non potrà seguire reati gravissimi”. Dal momento che “non tutti i reati potranno essere indagati attraverso le intercettazioni, venendo sostanzialmente impedita la pubblicazione delle intercettazioni svolte”.
Un’operazione che, secondo Rodotà, si ammanta del virtuoso proposito di tutelare la privacy. “Se questo fosse stato il vero obiettivo – ha spiegato il giurista – era a portata di mano una soluzione che non metteva a rischio né principi, né diritti. Bastava prevedere che, d’intesa tra il giudice e gli avvocati delle parti, si distruggessero i contenuti delle intercettazioni relativi a persone estranee alle indagini o comunque irrilevanti”.
Mauro Vecchio