L’avevano realizzato dopo l’11 settembre, per aumentare la sicurezza negli aeroporti. E invece il sistema di tracciamento comportamentale messo a punto da TSA ( Transportation Security Administration , ente USA che sovrintende anche al traffico aereo) si è rivelato un vero fallimento. Producendo risultati errati nel 99 per cento delle situazioni di impiego.
Il sistema, racconta BoingBoing , è basato sull’impiego di sofisticate tecniche che consentono il tracking dei comportamenti individuali fino ai più piccoli dettagli, come i movimenti delle ciglia o le increspature delle labbra. Posto ai varchi dei check- in aeroportuali, doveva consentire di “prevedere” in anticipo le attitudini dei passeggeri che vi transitavano dinanzi, facilitando l’identificazione di possibili sospetti ed evitando possibili azioni terroristiche.
Peccato che il sistema di tracciamento non si sia rivelato particolarmente efficace nelle proprie “previsioni”: il 99 per cento delle persone fermate in seguito al suo impiego si sono rivelate essere dei semplici, innocui passeggeri . E anche all’interno del 1 per cento restante, trattenuto per controlli ulteriori, non è conosciuto il numero effettivo degli arrestati.
Secondo Robert Levenson, psicologo dell’Università di Berkeley, l’impiego delle tecnologie di tracking per scopi come quelli descritti conduce in un’area grigia, all’interno della quale manca qualsiasi tipo di riscontro empirico . “I gesti di una persona possono suggerire se quella persona agisce in modo ansioso o ingannevole, ma non certo se pianifica un attacco terroristico – o, per altro verso, anche un semplice adulterio”.
Nei giorni scorsi, il programma della TSA è stato duramente criticato anche in un report della National Academy of Sciences, all’interno del quale si legge che il sistema porrebbe gravi problemi di violazione della privacy individuale . Da parte sua, la TSA non ha mai rilasciato dati ufficiali in ordine ai risultati conseguiti grazie al programma. I suoi responsabili si sono limitati a confermare che alcune delle persone fermate grazie al sistema di tracking sono poi state incriminate per impiego di documenti falsi.
Le polemiche colpiscono le autorità di sicurezza americane in un periodo particolarmente delicato. Pochi giorni fa, infatti, un giornalista del magazine The Atlantic è riuscito a superare i controlli di sicurezza aeroportuale con una carta d’imbarco finta , per poi documentare l’accaduto in un articolo . L’esperienza di Jeffrey Goldberg, questo il nome del reporter, ha mostrato l’esistenza di gravi falle nel sistema di controllo aeroportuale statunitense. Secondo Bruce Schneier, esperto di sicurezza ed editorialista di Wired , i complicatissimi sistemi di sicurezza congegnati dopo l’11 settembre non sarebbero all’altezza delle aspettative, e non garantirebbero alcun margine di sicurezza ulteriore rispetto al passato.
Giovanni Arata