Si è molto discusso nelle scorse settimane di curriculum gonfiati, ma scagli la prima pietra chi è senza peccato nel voler ritoccare la narrazione del proprio passato. Un vizio italiano? Forse. Ma occorre sicuramente farci i conti nel momento in cui il senno del poi si trova ad essere nelle mani di chi non è disposto a fare sconti. E il caso è pronto a presentarsi all’ordine del giorno: è lo scenario del commissario Diego Piacentini , il quale si trova a dover fare la somma di quanto realizzato negli ultimi mesi per far sì che il nuovo Governo possa stabilire se i risultati siano o meno all’altezza di quanto auspicato o di quanto ambito anche per i prossimi anni di “Governo del Cambiamento”.
Le date parlano
In una intervista rilasciata a Bloomberg nei giorni scorsi (poco prima della firma di Mattarella sul mandato a Giuseppe Conte), Piacentini ha raccontato la propria versione della storia, ma di fronte al pubblico italiano è giocoforza necessario porre qualche distinguo per meglio capire quanto effettivamente avvenuto, distinguendo la realtà (la dura realtà) dallo storytelling (un legittimo storytelling) per fare la tara dei risultati da cui bisognerà ora ripartire. Il promotore del ” rinascimento digitale italiano “, scelto e voluto da Matteo Renzi, si trova infatti ora di fronte un contesto radicalmente mutato e sicuramente desideroso di capire cosa si sia effettivamente fatto o non fatto nel frattempo.
È importante tenere ben presente le date, poiché Piacentini è stato preannunciato da Renzi nel febbraio 2016 quando l’ha conosciuto durante il suo viaggio nella Silicon Valley; Piacentini è rimasto in Amazon fino ad agosto 2016 ed è entrato in carica il 16 settembre 2016. Una nomina significativa per alcuni, inopportuna per altri (l’ombra del conflitto di interessi aleggiava giocoforza in virtù del suo importante passato con Jeff Bezos), ma ambo le parti si trovano concordi su un fatto: l’importante è che i risultati possano arrivare . A distanza di un biennio, però, non solo occorre pesare i risultati, ma occorre anche capire di cosa siano realmente conseguenza i risultati stessi. Ricordando peraltro cosa il Movimento 5 Stelle diceva già all’indomani della caduta del Governo Renzi:
La caduta del governo Renzi decretata dal voto di ieri impone un ripensamento anche della governance dell’innovazione nel nostro Paese. Ci riferiamo, in particolare, alla nomina del dottor Piacentini a Commissario Straordinario per l’attuazione dell’Agenda Digitale e alla costituzione del cosiddetto team per la trasformazione digitale. (…) il Commissario straordinario ha solo costituito una costosa struttura amministrativa senza mai presentare al Parlamento le linee strategiche della propria azione. (…) Con un governo a 5 Stelle si avrebbe una chiara governance dell’innovazione con una rinnovata Agenzia per l’Italia Digitale, ove verranno premiati il merito e la competenza, al centro nell’attuazione delle politiche pubbliche per l’innovazione senza inutili doppioni e carrozzoni inutili.”
L’intervista di Piacentini
Minuto 4, Piacentini sostiene: “ho posto come condizione di costruire il mio gruppo indipendente dall’Agid” e che si tratta di “una task force che fa cose e cosa abbiamo fatto è stato fenomenale“. L’intervistatore li ha paragonati agli Avengers, pochi supereroi pronti a salvare il paese. Chiunque lavora nella PA sa tuttavia che in realtà un Commissario è l’unico modo in cui poteva scendere in campo Piacentini, come già era peraltro accaduto in passato con Francesco Caio. Più un fatto strutturale che una condizione, ed è questo il contesto nel quale la “task force” prendeva a suo tempo forma.
Minuto 6.45: “L’Italia ha un Codice dell’Amministrazione Digitale (CAD), molto complicato. Ecco una delle cose che noi abbiamo fatto; i dettagli tecnici erano nella legge, una delle cose che abbiamo fatto aggiornando questa legge è togliere i dettagli tecnici e metterli nelle linee guida “. La realtà appare tuttavia differente: Piacentini è infatti arrivato dopo che tale legge fosse promulgata. La previsione di togliere le regole tecniche dal CAD era stata infatti stabilita nella delega al governo con la legge 7 agosto 2015 “Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle Amministrazioni pubbliche” (7 agosto 2015, ossia 14 mesi prima della nomina del commissario e 7 mesi prima che Renzi lo conoscesse).
Minuto 7.45: “abbiamo fatto un piano triennale… e messo tutto in open source“.
Il piano triennale era previsto fin dalla legge istitutiva di AgID che risale al giugno 2012 (Governo Monti), quattro anni prima dell’arrivo di Piacentini.
Come previsto dalla legge è stata AgID a produrre il piano “in collaborazione con” il dream team di Piacentini, come risulta anche sul sito apposito. La stessa AgID da cui il gruppo, che ha “fatto cose fenomenali”, doveva essere per definizione separato ed indipendente.
Altrettanto vale per la questione legata alla vocazione open source: era cosa già prevista nella delega al governo con la legge 7 agosto 2015, sempre 14 mesi prima della sua nomina, 7 mesi prima che lo conoscesse, sempre approvata definitivamente il mese prima che assumesse l’incarico. Sono i tempi, quindi, a parlare:
“razionalizzare gli strumenti di coordinamento e collaborazione delle amministrazioni pubbliche al fine di conseguire obiettivi di ottimizzazione della spesa nei processi di digitalizzazione favorendo l’uso di software open source, tenendo comunque conto di una valutazione tecnico-economica delle soluzioni disponibili, nonché obiettivi di risparmio energetico”
Legge 7 agosto 2015, art.1
Minuto 8.25: ” abbiamo un forum molto trafficato “. Il dibattito sembra essersi arenato in realtà da qualche tempo: il fermento iniziale aveva portato qualche picco di attività, ma le date degli ultimi interventi sembrano raccontare un fervore che va affievolendosi, con risposte spesso ferme a mesi fa. Basta andare sul forum stesso per farsi un’idea. A merito del team Piacentini va detto al contempo che nessuno ha nascosto le statistiche di visita, come fatto invece spesso in passato, lasciando che la trasparenza possa fare il proprio corso.
Minuto 8.35: “lanciamo l’app con 17 amministrazioni e 3-4mila cittadini“. Un punto di partenza, certo, ma dopo due anni di lavoro e con all’attivo quella che è dichiaratamente poco più di una demo. Uno sprazzo di futuro, certo, ma forse non ancora quanto auspicato. Un importante potenziale, certo, ma il paese ha ora bisogno di risultati concreti e immediati.
Minuto 9.50: “uno dei più grandi programmi che stiamo lanciando è l’identità digitale”. Frase non facilmente comprensibile, perché in realtà l’identità digitale nasce con un provvedimento del 24 ottobre 2014 : “Definizione delle caratteristiche del sistema pubblico per la gestione dell’identità digitale di cittadini e imprese (SPID), nonché dei tempi e delle modalità di adozione del sistema SPID da parte delle pubbliche amministrazioni e delle imprese”: il tutto muove quindi i primi passi con Francesco Caio ( nominato Commissario all’attuazione dell’Agenda Digitale da Enrico Letta nel 2013), poi i tempi sono quelli che sono e si arriva addirittura a recenti misure di incentivo per far sì che lo SPID non rimanga solo un progetto sulla carta, ma che giunga anche ad una reale e capillare adozione. Ma le origini sono antecedenti a Piacentini ed anche a Renzi.
Minuto 10.10: “le amministrazioni ci dicevano ‘vi mandiamo i dati una volta alla settimana con una mail’; gli abbiamo detto ‘no, esponi le API e ce li veniamo a prendere“. In realtà si legge nel piano triennale che l’obbligo di API è stato definito dall’AgID nella strategia approvata il 4 febbraio 2016, la settimana prima che Renzi conoscesse Piacentini e 8 mesi prima che assumesse l’incarico.
Minuto 15.50: “settembre è lontano, si possono lanciare altri 5 programmi tecnologici per il governo prima di allora“.
Il che sembra essere una previsione ben calibrata, l’ultimo chilometro di una timeline segnata da una scadenza imminente: la task force di Piacentini dovrà chiaramente cercare di “mettere a terra” tutto il lavoro di questo biennio prima che il mandato termini il 15 settembre prossimo ed il nuovo corso inizi, con o senza lo stesso Piacentini.
Alla scadenza di settembre occorrerà dunque attendersi almeno cinque novità, ulteriori elementi di cui tener conto per un giudizio complessivo sulla cifra da ascrivere alla task force. Il momento dei bilanci è infatti ormai prossimo.