Cosa ne sarà delle criptovalute in Russia? In epoca di restrizioni e di politiche monetarie di grandissima importanza per gli equilibri geopolitici futuri, le criptovalute si identificano come terzo incomodo tra le parti. Per questo motivo le decisioni e la visione di due aziende quali Binance e Coinbase diventano fondamentali per capire quale ruolo possano avere in questo frangente e quali evoluzioni potrà ulteriormente avere il mercato nelle prossime settimane.
Partiamo da un presupposto: durante l’occupazione ucraina da parte della Federazione Russa, i Bitcoin sono cresciuti da 38 mila a 45 mila dollari così come gli Ethereum sono cresciuti da 2500 a 3500 dollari. Il mercato in generale ha visto salire le quotazioni e questa dinamica non può che essere letta (pur se come risultato di molte pressioni differenti) alla luce di quanto sta succedendo tra Mosca e Kyev.
Secondo Binance
In una intervista concessa dal CEO di Binance alla CNN, Changpeng Zhao, viene negata la possibilità per cui la Russia possa utilizzare le criptovalute per aggirare le restrizioni e la difficile circolazione di valuta. Secondo Zhao, infatti, si sono ormai fatti passi da gigante nel tracciamento dei pagamenti e nessuno oserebbe tentare la via delle crypto per aggirare le norme: le conseguenze potrebbero essere gravose. Chi pensa che Bitcoin e simili possano essere un modo per aggirare le misure restrittive imposte dall’Occidente, insomma, sbagliano mira.
Binance da parte sua condanna l’invasione, ha investito 10 milioni di dollari in aiuti umanitari e asserisce di essere pronta a conformarsi alle prescrizioni governative: se verrà chiesto il sequestro dei beni dell’utenza russa, si procederà come da richiesta, altrimenti non saranno presi provvedimenti specifici. L’obiettivo è quello di porre un argine alla guerra, ma non alle persone: l’idea è quella di separare la percezione del Cremlino da quella della popolazione, la quale in molti casi sarebbe schierata contro Putin e non merita di subire sanzioni personali per colpa delle decisioni prese dall’alto.
Sarà l’Occidente a decidere, insomma, ma per il momento non vengono annunciati giri di vite ulteriori.
Secondo Coinbase
Il punto di vista di Coinbase è stato esplicitato dal CEO Brian Armstrong in un ampio thread su Twitter. La prospettiva è chiara: non sarà Coinbase ad imporre restrizioni motu proprio alla popolazione russa, ma qualora venisse richiesto dall’alto non si esiterebbe ad assecondare le restrizioni imposte per legge. Secondo Armstrong, nessun oligarca userebbe mai le criptovalute per spostare grandi quantitativi di denaro: il contante, l’oro e l’arte offrono soluzioni più semplici e meno tracciabili.
2/ Every US company has to follow the law – it doesn't matter if your company handles dollars, crypto, gold, real estate or even non financial assets. Sanctions laws apply to all US people and businesses.
— Brian Armstrong (@brian_armstrong) March 4, 2022
L’allineamento all’approccio di Binance è totale: il crollo del Rublo ha portato molti utenti ad affidarsi alle criptovalute per sfuggire ai problemi che la Russia sta vivendo, ma penalizzare i cittadini non è nell’ordine delle cose. Le criptovalute, anzi, vogliono presentarsi come una forza alternativa e potenzialmente liberatrice del giogo del Cremlino. Qualora alcune specifiche operazioni o specifici attori fossero attenzionati dalle autorità, tuttavia, il ban scatterebbe istantaneo accreditando tali decisioni a strategie geopolitiche a cui inevitabilmente accordarsi.
Ancora una volta, insomma, sono ribadite la tracciabilità delle operazioni, il rischio corso dagli oligarchi e la volontà di non imporre restribzioni all’utenza russa. Per tutto il resto si demanda alle sale dei bottoni, dove lo stato di guerra impone decisioni scomode dalle quali le aziende intendono deresponsabilizzarsi.