Ad affermarlo un report del Washington Post: il ban di Donald Trump a opera di Twitter si è tradotto in un immediato e importante giro di vite nei confronti della disinformazione online, in particolare prendendo in considerazione le notizie false legate alle elezioni presidenziali. -73% in pochi giorni.
De-platforming, disinformazione ed effetti collaterali indesiderati
A elaborare la statistica i ricercatori di Zignal Labs. I riferimenti alla teoria Stop the Steal e ai presunti brogli che avrebbero portato il candidato rivale Joe Biden alla Casa Bianca scovati sulle piattaforme social sono passati da 2,5 milioni a 688.000. Il periodo preso in esame è quello che va dal 9 al 15 gennaio. La messa al bando di Trump è invece da far risalire all’8 gennaio, 48 ore dopo l’assalto a Capitol Hill a Washington.
È bene precisare che Twitter non è stata l’unica piattaforma a silenziare Trump (o i suoi sostenitori più radicali) e a prendere le distanze dalle sue uscite. Lo hanno fatto tra gli altri Facebook, YouTube e Reddit, seppur con iniziative e modalità differenti. C’è chi come Graham Brookie, direttore del Digital Forensic Research Lab dell’Atlantic Council lo ha definito un de-platforming il cui effetto rischia però di essere duplice.
La conclusione è che il de-platforming, in particolare se su una scala come quella della scorsa settimana, frena rapidamente lo slancio e l’abilità di raggiungere nuovo pubblico. Ha però anche la tendenza a radicalizzare il punto di vista di coloro già attivi nella diffusione di questo tipo di informazioni false.
Insomma, se da un lato l’effetto ottenuto è quello auspicato, dall’altro si rischia di rendere ancora più feroce l’azione di coloro già convinti di quanto sostenuto dalle teorie del complotto a proposito delle elezioni con conseguenze che non è difficile immaginare.