Nel mese di aprile, in Tunisia un ragazzo di 17 anni è stato arrestato dopo aver utilizzato una criptovaluta per eseguire una transazione online. La vicenda ha scatenato un’ondata di proteste nel paese, che ora pensa a decriminalizzare il possesso e l’impiego di monete digitali come Bitcoin. A renderlo noto, in occasione di un intervento televisivo, il ministro delle finanze Ali Kooli, senza però specificare modalità o tempistiche.
Ragazzo tunisino arrestato per le crypto
Secondo Ray Youssef, CEO della piattaforma Paxful, il continente africano è quello in cui si sta registrando la più forte crescita nel trading crypto, a testimonianza di come la community di utenti e i sostenitori della finanza decentralizzata non siano frenati o spaventati dalle limitazioni introdotte da paesi come Nigeria o Marocco.
Tornando a focalizzare l’attenzione sulla Tunisia, nel primo trimestre del 2021 le registrazioni agli exchange dove acquistare o vendere asset come Bitcoin, Ethereum o Dogecoin sono aumentate dell’11% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.
Il tentativo di porre freno alla circolazione di un bene per sua natura poco assoggettabile al controllo, attraverso gli strumenti legislativi tradizionali, è quasi certamente destinato a risolversi in un nulla di fatto. Ciò che è chiamata a fare la Tunisia, così come gli altri paesi (Italia compresa) che necessariamente si trovano a dover fare i conti con le evoluzioni del mondo Fintech, è definire regole che sappiano salvaguardare risparmiatori e investitori, anzitutto fornendo loro le nozioni necessarie ad approcciare gli strumenti in modo responsabile e consapevole, senza però scadere nell’imposizione di ban anacronistici e inefficaci.