Un vero e proprio ban nazionale è quello deciso dal governo di Ankara nei confronti dei social network. La Turchia ha scelto di impedire ai suoi cittadini, per diverse ore, l’utilizzo delle piattaforme più importanti, in risposta all’attentato che ieri ha colpito e scosso il cuore di Istanbul. L’azione è costata la vita a 6 persone, ferendone oltre 80.
Turchia: social bloccati dopo l’esplosione a Istanbul
Il blocco ha interessato Facebook, Instagram e Twitter, ma anche YouTube e Telegram. È stato attuato attraverso un ordine imposto agli ISP, a partire da Turk Telekom che detiene la quota di maggioranza del mercato. Non sono invece risultati interessati altri servizi come WhatsApp. Stando a quanto riportato nell’analisi condotta da NetBlocks, l’accesso alle risorse è stato quasi completamente ristabilito.
Nonostante il graduale ritorno alla normalità, la notizia merita di essere riportata. Da molti stata interpretata come un tentativo di limitare la libertà di espressione e informazione da parte dei cittadini. Subito dopo l’attentato, infatti, l’agenzia RTÜK che monitora e regolamenta le trasmissioni radiofoniche e televisive ha imposto alle emittenti il divieto di diffondere aggiornamenti su quanto avvenuto a Istanbul.
Nelle ore del blocco, molti si sono rivolti a un servizio di tipo Virtual Private Network per far transitare le sessioni di navigazione attraverso server localizzati all’estero, ottenendo così un indirizzo IP turco e potendo accedere ai social altrimenti oscurati.
Quanto accaduto alimenta le tensioni e le critiche già rivolte al governo turco. Il mese scorso, infatti, è entrata in vigore la nuova legge contro la disinformazione voluta dal partito AKP di Erdoğan. La norma prevede fino a tre anni di carcere per chiunque commette il reato di creare paura e disturbare l’ordine pubblico
attraverso la condivisione di false informazioni.