I cittadini della rete turchi sono tornati a caricare clip, a intrattenersi a mezzo video, a poter fruire di YouTube. Le autorità hanno revocato il blocco che ha reso il servizio di sharing accessibile a singhiozzo: le mobilitazioni della società civile connessa sembrano aver scalfito l’intransigenza censoria delle autorità.
Era stato un video intollerabile per le autorità a innescare i filtri: postata da un utente greco, la clip additava come omosessuale Mustafa Kemal Ataturk, considerato padre della moderna Turchia. Un affronto che ha indotto il tribunale penale di Istanbul a giudicare YouTube un coacervo di trivialità vaneggianti e ad imporne il blocco a favore degli utenti di Turk Telekom, il principale operatore del paese. Un blocco che era stato in breve revocato , per lasciare spazio ad una organica regolamentazione che obbligasse gli ISP a rendere inaccessibili i siti Internet che facessero da cassa di risonanza per crimini commessi contro Ataturk, per messaggi sobillatori che cozzassero con la morale di stato.
Google aveva in passato collaborato con lo stato turco, un atteggiamento che non aveva placato il furore censorio delle autorità e non aveva scongiurato periodici blocchi e oscuramenti . Ma a rimanere imbrigliato nelle maglie del quadro legislativo locale non è stato solo YouTube: sono finiti nel mirino delle autorità strumenti di libera espressione come WordPress , il portale video Dailymotion , Slide.com ed altre centinaia di siti che le autorità hanno giudicato in contrasto con la morale di stato.
I cittadini della rete turchi non si sono rassegnati ai setacci imposti dallo stato e si sono industriati per aggirare i blocchi : per quanto riguarda i soli accessi a YouTube, i media locali stimano che un milione e mezzo di residenti in Turchia abbiano fruito di YouTube giornalmente. Evitare gli ostacoli messi in campo dallo stato non è però sufficiente per scuotere le coscienze dei concittadini e delle autorità : sì è dato il via alla mobilitazione.
Nelle scorse settimane molti siti web turchi hanno scelto l’autocensura . La protesta si è diramata dal blog del creativo Firat Yildiz che ha oscurato le pagine del suo spazio web con un messaggio provocatorio che riecheggia le comunicazioni delle autorità: “L’accesso a questo sito è stato impedito dalla volontà del suo gestore”. Una provocazione raccolta da un altro netizen turco, Selim Yoruk , che ha creato sansuresansur.org con l’intento di diffondere in maniera virale la mobilitazione e la provocatoria autocensura. Sono stati più di 500 i siti che hanno aderito alla campagna e che hanno chiuso i battenti nell’intento di simulare l’aspetto che potrebbe assumere in futuro una rete in cui la libertà di espressione non è garantita.
Le autorità non si sono pronunciate in merito alla protesta ma i netizen si sono affrettati a diffondere una notizia incoraggiante : YouTube, incarnazione dell’atteggiamento repressivo dello stato turco, è tornato accessibile.
Gaia Bottà