In questo strano mondo che è quello della comunicazione informatica un soggetto, persona fisica, giuridica od associazione, per esistere sul Web deve gestire un sito, un luogo virtuale attraverso il quale trasmettere alla collettività degli utenti Internet informazioni e notizie.
Per contraddistinguere il sito, generalmente il soggetto adotta un contrassegno, detto domain name o dominio informatico.
Il Domain name è costituito da un insieme di lettere e/o numeri (massimo 26) suddiviso da un punto con cui si contraddistingue il sito.
Tecnicamente, si potrebbe dire che il dominio contraddistingue il sito come il nome contraddistingue l?individuo.
L?analogia, comunque, termina qui, in quanto vi è una ben diversa tutela giuridica tra quella garantita al nome e quella del domain name.
Il problema diviene indubbiamente più interessante se si pensi all?uso di un domain name che sia identico ad un nome di un personaggio famoso o, ancor peggio, sia un marchio di una nota impresa.
Astrattamente nulla vieta al fantomatico Sig. Rossi di aprire un sito chiamato www.giuliocesare.it o www.cocacola.it
E? questo il fenomeno del DN grabbing, ovvero domini registrati da soggtti diversi dal titolare del marchio contraddistinto dal medesimo nome.
Infatti, nel mondo virtuale, l?elemento identificativo del proprio sito non viene imposto in relazione ad elementi personali del soggetto proprietario ( il nome, la data di nascita etc.), ma è scelto liberamente dal soggetto titolare.
Circa il regime di Domain names, la legislazione italiana è totalmente carente.
Se è vero che alcuni, per analogia, tendono ad equiparare il DN con la legislazione sui marchi (per altro obsoleta), gli enti pubblici che gestiscono l?assegnazione dei nomi insistono a definire i DN come non marchi.
Non è forse inutile ricordare che il codice civile tutela il diritto al nome, attribuendo alla persona il diritto di chiedere giudizialmente la cessazione di qualsiasi atto abusivo che faccia indebitamente uso del proprio nome (art. 7 c.c.).
Un?impresa, invece, è caratterizzata da istituti giuridici quali la ditta, l?insegna ed il marchio.
In sintesi, possiamo affermare che la ditta serve ad individuare l?imprenditore, l?insegna i locali dell?attività ed il marchio individua i prodotti.
La disciplina dei segni distintivi dell?impresa è prevista dagli articoli 2563 e seguenti Codice Civile e dal regio decreto 21 giugno 1942 n. 829.
Per poter godere del diritto esclusivo, ditta insegna e marchio debbono essere leciti (ossia non in contrasto con la legge, l?ordine pubblico e il buon costume), non decettivi ( ovvero non ingannevoli verso il pubblico) e nuovi ed originali.
A ben vedere, nessuno dei segni distintivi si attaglia esattamente alla definizione di dominio informatico.
Infatti la registrazione dei domain avviene semplicemente a richiesta, seguendo il criterio del first come, first serve, ossia il primo arrivato bene alloggia.
Tralasciando le esperienze oltreoceano, che hanno fruttato bei dollari a privati che avevano registrato domain names quali McDonald?s e Rolex, dobbiano notare che la materia nel nostro Paese è ancora agli albori.
Un primo problema è dato dal fatto che la scarsa giurisprudenza rinvenibile è solo di merito, occupata più al caso concreto, che a soluzioni di puro diritto.
Il caleidoscopio delle soluzioni è variegato.
Alcune pronunce sostengono che l?appropriazione di un domain name dell?altrui marchio notorio sia illecita, a prescindere dalla circostanza che il titolare del marchio abbia utilizzato altro domain name, stante la possibilità di confusione che potrebbe crearsi in capo all?utenza (Cfr. Tribunale Macerata 02.12.1998)
Così, secondo la Pretura di Valdagno (27.05.1998), il titolare di un marchio registrato notorio ha il diritto esclusivo di servirsene nella comunicazione d?impresa e quindi anche in Internet.
Ancora, l?uso di un marchio che gode di rinomanza come domain name violerebbe i diritti del titolare del marchio medesimo (Tribunale Vicenza 06.07.1998).
Il Tribunale di Roma (02.08.1997) ha negato a regola del first come, first serve nel caso di violazione di un marchio perpetrata attraverso il suo impiego quale domain name.
Nel caso di impresa che operi nel medesimo settore merceologico, l?utilizzo di un domain name che contraffaccia un marchio registrato, si ha violazione della legge e pertanto la possibilità di inibire l?attività (Tribunale Milano 10.06.1997).
Sempre il Tribunale di Milano ha avuto modo di chiarire che il top level domain name ( la particella a destra del punto, ad esempio .it, .com) deve ritenersi priva di attitudine distintiva in quanto relativa alla mera localizzazione geografica dell?elaboratore (due sentenze 10.06.1997 e 03.06.1997).
La giurisprudenza ambrosiana ha voluto vedere qualche affinità di domain name con l?insegna dell?impresa (Tribunale di Milano 10.06.1997 e 03.06.1997), interpretazione che, però, contrasta con l?art. 2568 c.c. e soprattutto con la lettura che esclude al top level domain name carattere distintivo.
Da ultimo, il Tribunale di Modena (23.10.1996) ha affermato la funzione identificativa del domain name, per cui il reale pericolo di confusione qualora il dominio coincida con il titolo di una nota rivista.
Degna di nota è una ordinanza del Tribunale di Bari (24.07.1996) secondo il quale il domain name ?costituisce un semplice codice di accesso ai servizi telematici? e quindi un semplice indirizzo che nulla ha a che vedere con il marchio del prodotto.
Per trarre le fila, la giurisprudenza di merito è stata chiamata, nella maggioranza dei casi, a dirimere controversie relative a marchi forti, contraddistinti di notevole notorietà o fra imprenditori esercenti attività concorrenti.
Le Corti di merito si sono premurate, nella maggioranza dei casi, di tutelare la collettività, affinchè non venga tratta in confusione attraverso l?offerta di prodotti di qualità differente rispetto al marchio registrato su Web.
Così se si aprisse, per ipotesi, un sito www.cocacola.it e questo ponesse in vendita soft drinks, bevande analcoliche di scarsa qualità, indirettamente la nota ditta di Atalanta potrebbe subire un danno alla propria immagine.
Rimane ancora da valutare il caso in cui sia offerto un prodotto merceologicamente differente, o, addirittura, non sia commercializzato alcunchè.
Un ultima decisione merita attenzione.
Secondo il Tribunale di Macerata (02.12.1998) il gestore di rete, essendo assimilabile ad una sorta di editore ha l?obbligo di vigilare affinchè attraverso la sua pubblicazione non vengano perpetrati delitti o illeciti di natura civilistica, in particolare l?abusiva registrazione di un domain name in violazione alle regole sulla concorrenza.
Diverse perplessità possono sorgere da questa interpretazione.
Il gestore di rete viene a rispondere per fatto altrui, al di là di una concreta responsabilità, solo a titolo di culpa in vigilando, dove, onestamente, non si vede quale sarebbe la norma espressa che potesse richiamare detta responsabilità.
Inoltre, l?organo amministrativamente preposto alla registrazione dei domini informatici non deve eseguire alcun controllo, mentre tale onere dovrebbe gravare sul gestore di rete.
Se non si può sperare, in tempi brevi, in una soluzione normativa nel settore, non rimane che attendere che la Suprema Corte di cassazione, in funzione di nomofilachia, sia chiamata a dare il suo autorevole giudizio.
Ad oggi, comunque, ci sembra regni una grande confusione.
Avv. Marco Boretti
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