Londra – In un paese assediato dalle telecamere a circuito chiuso e dalle legislazioni che dall’11 settembre del 2001 ad oggi si sono susseguite nel nome della Sicurezza, ancora una volta ci ci sta orientando verso quello che viene definito attentato alle libertà civili . Una normativa che sta prendendo forma, infatti, coinvolge direttamente provider internet e operatori di telefonia mobile.
Il Governo di Tony Blair sta per consegnare agli operatori delle telecomunicazioni un codice che dovrà essere adottato su base volontaria. Se ciò non accadrà, l’Esecutivo ha già preannunciato che il tutto diverrà legge e, dunque, quanto descritto dal codice di condotta , sarà da ritenersi obbligatorio.
Come previsto dall'”Anti-Terrorism Crime & Security Act”, per un periodo massimo di dodici mesi dovranno essere conservati tutti i dati del traffico internet degli utenti, compresi i siti web visitati, i dati delle email inviate e ogni altra informazione di questo tipo. Allo stesso modo, tutti i dettagli delle chiamate via telefono mobile e degli spostamenti dell’utenza dovranno essere conservati dagli operatori. In nessun caso è prevista la registrazione dei contenuti di email o telefonate.
Per il Regno Unito un simile giro di vite sulla questione privacy è tutto meno che una novità. Il paese, violando una antica tradizione, si sta rapidamente dirigendo verso l’adozione di una carta di identità elettronica obbligatoria ed ha in passato dovuto subire l’attivazione di sistemi di monitoraggio e controllo della vita pubblica e privata un tempo impensabili. Va detto anche che molte delle misure più drastiche, come l’attivazione della carta di identità, vengono giustificate come essenziali alla Sicurezza e, in questo modo, guadagnano porzioni importanti di consenso popolare.
Contro le decisioni del Governo in merito ad Internet e Telefonia, però, si sono schierati in questi mesi moltissimi, tanto gli operatori interessati, preoccupati soprattutto per i costi dell’operazione, quanto gruppi di cittadini nonché associazioni che si battono per le libertà civili e digitali. Molti di loro si sono sentiti “traditi” perché il Governo ha realizzato il codice in solitudine, evitando un confronto pubblico richiesto a gran voce.
Tutto questo avviene in un quadro già fortemente deteriorato, come ha segnalato nei mesi scorsi Statewatch, secondo cui negli ultimi cinque anni l’amministrazione Blair ha portato ad un raddoppio nel numero di intercettazioni delle comunicazioni, telefoniche e internettiane.
Sul piano dei costi, l’APIG (All Party Internet Group), un gruppo transpartito di parlamentari, ha esaminato lo schema normativo sostenendo che gli oneri di tutta l’operazione supereranno di gran lunga i 100 milioni di sterline preventivati dal Governo e che la via più corretta è quella della conservazione dei dati solo di specifici utenti segnalati agli operatori dalla polizia. E ieri The Register riportava che Phil Zimmermann, il notissimo autore dell’originale sistema di cifratura PGP, ha parlato delle ipotesi di data retention come di un attentato alle libertà civili.
Osservazioni e critiche alle quali finora l’Esecutivo risponde lapidariamente. Il ministro dell’Interno Caroline Flint ha affermato semplicemente che “il codice di condotta presentato in Parlamento propone un equilibrio tra ciò che è richiesto per combattere il terrorismo e ciò che è ragionevole chiedere agli operatori”. Non una parola, a quanto pare, sulla questione retrò dei diritti degli utenti.