Roma – Dove sta andando la cosiddetta tv mobile e ci sono rischi per i consumatori? E per le aziende? Le regole per ora latitano e la sensazione dei consumatori è che ci voglia un intervento forte e immediato per dare una forma al settore ed offrire garanzie. Sul fronte incandescente della televisione su microschermo , per la quale sono in corso grandi accordi e produzioni dedicate , i consumatori chiedono l’intervento dell’Autorità TLC.
Lo ha spiegato Adiconsum , ieri tra gli auditi proprio da Agcom , condensando le proprie osservazioni in tre punti chiave:
Primo punto: la tv mobile è realizzabile grazie ad una nuova modalità di trasmissione che utilizza tre standard, Il sistema DVB-H derivato dal digitale terrestre, il DMB derivato dalla radio digitale DAB e l’ISDB utilizzato in Giappone. Tutti i sistemi attualmente si stanno sperimentando, non risulta in Italia, dove nessuno organo preposto ha valutato pro e contro dei vari standard, indicando quale sarà quello utilizzato nel nostro Paese.
“Solo le varie Autorità di garanzia – spiega Adiconsum – si sono sentite in dovere di iniziare un’attività esplorativa, lode di merito quindi. Nonostante si siano mosse in anticipo, tutto potrebbe risultare inutile, infatti, le aziende hanno già chiuso accordi commerciali che riguardano lo standard DVB-H”.
Secondo punto: varie aziende, attraverso la stampa, fanno sapere che addirittura da giugno 2006 inizieranno la vendita dei servizi relativi alla tv mobile, con modalità simili all’attuale servizio televisivo offerto con la connessione UMTS, quindi a pagamento.
“Con tali dichiarazioni – afferma Adiconsum – si accredita l’idea che l’utilizzo della tv mobile preveda una connessione ad una rete per collegare il singolo al provider. Non è vero, occorre semplicemente dotarsi di uno specifico apparato di ricezione che può, quindi, anche essere inserito in un cellulare, in grado di ricevere, (come avviene oggi con qualsiasi televisore o decoder fisso) i canali diffusi nell’etere attraverso ripetitori di segnale. Decidendo di far pagare l’accesso a questo sistema non si farebbe altro che privatizzare l’etere. Solo in caso di contenuti criptati, pay tv, sarebbe giustificato un costo”.
Terzo punto: non è ancora chiaro cosa si intenda per tv mobile. Da quanto dichiarato dagli sperimentatori, attraverso una ricerca su internet, le varie modalità di trasmissione permettono di ricevere canali televisivi su apparati portatili, quindi mobili, ma non è dato sapere se è permessa la ricezione in movimento e fino a che velocità. “Tutto questo – sottolinea l’Associazione – si ripercuote sulla qualità del servizio che potrebbe anche non riscuotere il giusto successo, facendo sì che le ingenti somme stanziate dalle aziende e non recuperate potrebbero incrementare gli attuali costi o crearne di nuovi, a danno dei consumatori”.
Da tutto questo discende la richiesta dei consumatori, estesa anche al Garante del mercato , di non consentire la vendita dei servizi di tv mobile “se non dopo una corretta sperimentazione delle varie tecnologie dedicate e in presenza delle delibere relative alle caratteristiche degli apparati e di difesa dei diritti dei consumatori” e dunque di bloccare anche gli accordi in essere fino al termine delle sperimentazioni. Si chiede naturalmente anche di non tariffare l’utente per la sola ricezione di contenuti diffusi attraverso l’etere e che non siano cifrati nonché di indirizzare il mercato verso “lo standard (o gli standard) più appropriato, garantendo qualità e minor costi”.