Con un voto in sessione plenaria al Parlamento di Strasburgo, l’Europa ha approvato le nuove norme riguardanti i servizi audiovisivi e le piattaforme online discusse nei mesi di giugno e luglio. Un testo che va ad aggiornare quello già in vigore (2010/13/EU), basato sulla proposta avanzata dalla Commissione nel maggio 2016, redatto al fine di regolamentare alcuni aspetti chiave legati alla composizione e alla fruizione delle piattaforme stesse: su tutti la provenienza dei contenuti offerti al pubblico e la protezione dei più piccoli.
452 i voti a favore, 132 quelli contrari e 64 le astensioni. Ora la palla passa nelle mani del Consiglio dei Ministri dell’Unione, ultimo step dell’iter prima che la legge entri in vigore. Da quel momento gli stati membri avranno a disposizione un periodo massimo pari a 21 mesi per recepire le norme e adattare di conseguenza la legislazione nazionale.
Per comprendere appieno quali equilibri vada a interessare la decisione odierna e in che modo si ripercuoterà sull’esperienza offerta all’utente finale è anzitutto bene specificare quali sono le realtà coinvolte e destinatarie delle norme. Prendiamo come riferimento il documento votato a Strasburgo e riportiamo quanto segue:
La nuova normativa si applicherà alle emittenti radio e TV e alle piattaforme online di condivisione video e VOD (Video On Demand) come Netflix, YouTube e Facebook, nonché allo streaming in diretta.
Netflix e YouTube, dunque, ma anche Google Play, iTunes e un social come Facebook che sempre più poggia il proprio business e le proprie interazioni sulla condivisione e sulla distribuzione dei contenuti multimediali. All’interno della categoria VOD vanno invece a finire gli altri servizi riconducibili al calderone dello streaming, ma non citati in modo diretto dal testo (uno su tutti, Prime Video di Amazon). Anche le emittenti più tradizionali di radio e TV sono interessate.
È messo invece nero su bianco che la direttiva non si applica a siti Web privati o al materiale audio-video caricato dalle piattaforme Internet, dagli utenti o dagli inserzionisti, così come ai videogame online e ai motori di ricerca.
Questi gli obiettivi perseguiti, nell’ottica di sviluppo e consolidamento del Mercato Unico Digitale:
- trovare il giusto equilibrio tra competitività e protezione degli utenti;
- riconoscere che alcune limitazioni fino a oggi applicate solo alla TV non sono più giustificate in considerazione dei cambiamenti del mercato;
- promuovere le produzioni europee;
- proteggere i minori e combattere l’hate speech in modo più efficiente.
Prescrizioni sui contenuti
“La legislazione”, spiega il Parlamento, “non prevede un sistema di filtri al momento del caricamento di contenuti, ma, su richiesta del Parlamento, le piattaforme dovranno creare un meccanismo trasparente e facile da usare per consentire agli utenti di segnalare i contenuti. Inoltre, i siti di condivisione video dovranno garantire una risposta rapida a tali segnalazioni da parte degli utenti”. Inoltre è previsto un giro di vite ulteriore relativamente alla presenza di contenuti violenti e pornografici, in entrambi i casi nella direzione di una maggior tutela dei minori.
I big dei video online sono pertanto ancora una volta nel mirino delle autorità europee, la quale con la riforma del copyright prima, e con l’attuale normativa sui servizi audiovisivi, mette a segno un doppio colpo politico che i provider USA sono costretti a incassare.
30% di contenuti europei
A Strasburgo si è votato al fine di sostenere l’industria europea dei contenuti e dell’intrattenimento, passando all’imposizione di una quota fissa da rispettare per i player del mercato. Canali televisivi e piattaforme VOD dovranno infatti garantire che almeno il 30% dei contenuti trasmessi o inseriti nel catalogo sia di produzione continentale. Previsto inoltre lo stanziamento di un investimento diretto oppure partecipando al sostegno dei fondi nazionali con un contributo. L’entità dovrà essere proporzionale alle entrate generate dal servizio nel paese in questione, sia esso lo stato membro che ospita le piattaforme oppure quello a cui sono destinati i contenuti, interamente o principalmente.
La revisione della Audiovisual Media Services Directive precisa che sono esenti dall’imposizione le realtà che generano profitti trascurabili, i servizi tematici e le iniziative dalla portata più contenuta. Altro passaggio che merita attenzione è quello secondo cui i paesi EU saranno messi nelle condizioni di imporre la contribuzione finanziaria ai provider di servizi on-demand localizzati in altri stati membri, ma solo se questi generano profitti nello stato che avanza la pretesa.
Maggiori tutele per i minori
Proprio in considerazione di un utilizzo sempre più intensivo di queste piattaforme da parte delle nuove generazioni, si è resa necessaria l’introduzione di nuove linee guida e tecnologie al fine di garantirne la tutela. Se rimanendo nell’ambito della TV si è ormai abituati a veder comparire sullo schermo le icone di diverso colore a indicare se un contenuto è adatto o meno ai più piccoli, per la loro stessa natura le piattaforme online e VOD necessitano di strumenti maggiormente avanzati: l’impiego di un codice PIN per il parental control e l’accesso limitato a una sola parte del catalogo sono metodi già attuati da alcuni servizi.
Contenuti potenzialmente pericolosi come quelli riconducibili all’odio e alla violenza, nonché al terrorismo, dovranno essere controllati e controllabili mediante apposite misure, mentre per quanto riguarda “violenza gratuita” (così recita il comunicato) e pornografia i limiti saranno ancora più stringenti. Nuovi paletti anche per ciò che riguarda il product placement dei prodotti nelle trasmissioni e nei contenuti destinati ai bambini.
Altrettanto importante il passaggio in cui si mette nero su bianco che i dati personali relativi ai minori non possono essere raccolti a fini commerciali, per la loro profilazione o per la visualizzazione di pubblicità mirate.
Viene stabilito che, nel caso in cui il Parlamento dovesse ritenerlo necessario, le piattaforme dovranno “creare e integrare un meccanismo trasparente e facile da usare per consentire agli utenti di segnalare i contenuti” caricati. Inoltre, dovranno garantire una risposta in tempi rapidi alle segnalazioni. Va precisato che tutti i più grandi e importanti servizi già da tempo si sono mossi in questa direzione.
Pubblicità
Tra le altre cose, le nuove norme stabiliscono che le pubblicità non possono costituire oltre il 20% del periodo di trasmissione giornaliera per le emittenti televisive, nella fascia oraria compresa tra le 6:00 e le 18:00. A questo si aggiunge una finestra prime time tra le 18:00 e la mezzanotte, durante la quale gli spot potranno occupare al massimo fino al 20% del tempo.
Intervista a Stefano Maullu
Al termine della votazione di Strasburgo abbiamo chiesto all’europarlamentare Stefano Maullu in virtù di quali esigenze ha preso forma il testo approvato oggi e come andrà ad applicarsi concretamente. Immediato il riferimento alla riforma del copyright passata nelle scorse settimane.
Quale era la vostra posizione in merito alla revisione della direttiva?
Siamo stati fin da subito favorevoli, anzitutto perché la direttiva andava aggiornata, in considerazione dei tempi che corrono e di ciò che è appena stato fatto in tema di copyright.
Cosa cambia con l’introduzione delle nuove norme?
Si va a intervenire sulla pubblicità, regolando in particolare la diffusione di messaggi che possono risultare nocivi per alcuni soggetti, come nel caso della promozione di prodotti legati ad esempio all’industria del tabacco.
È qui che si inseriscono le regole destinate a una maggiore tutela dei minori?
Assolutamente sì. Pensiamo ad esempio a ciò che prevede il testo in termini di incitazione all’odio.
La lotta all’hate speech, insomma. E in merito al tanto chiacchierato 30% di contenuti di produzione europea, come andrà a tradursi concretamente la norma?
Intanto è stata fissata la regola, poi sarà ogni player del mercato a decidere in che modo rispettarla, con le modalità che più riterrà adatte.
Il Parlamento Europeo si è espresso sulla revisione di una direttiva datata 2010. Possiamo dire che si è andati almeno in parte a ridurre la distanza, in termini di trattamento, che ancora separa i media tradizionali come TV e radio dalle piattaforme digitali legate allo streaming e all’on-demand?
È così, soprattutto se consideriamo che nonostante l’avvicinamento tra i due mondi che si è registrato nel corso degli ultimi anni queste realtà hanno molto spesso beneficiato di enormi vantaggi.