Twitter si è rivolta alla Giustizia per difendersi dalle pressioni e dai tentativi del Dipartimento dell’ Homeland Security che vorrebbe l’accesso ai dati degli utenti che si celano dietro all’account alternativo di un’amministrazione a stelle e strisce aperto per protestare contro la Presidenza Trump. L’iniziativa della piattaforma di microblogging ha provocato una repentina marcia indietro del governo, che ha rinunciato ai dati richiesti.
L’account al centro del contendere era @ALT_USCIS , creato da parte dei dissidenti della United States Citizenship and Immigration Services ( USCIS ) per criticare le politiche sull’immigrazione adottate dalla nuova Amministrazione USA, che d’altra parte è solo uno dei tanti account “alt” (alternativi) creati da dipendenti di agenzie governative cui la nuova Amministrazione ha imposto il silenzio stampa (dopo il taglio dei finanziamenti) o la limitazione sostanziale di obiettivi e ambizioni.
Oltre a ALT_USCIS, per esempio, nei giorni successivi all’eliminazione della questione del cambiamento climatico dagli obiettivi del nuovo Governo, l’account @BadlandsNPS dell’omonimo parco aveva “disertato” (come affermato dall’amministrazione del parco stessa parlando di un dipendente che ha mantenuto le chiavi d’accesso all’account) contravvenendo all’ordine di non commentare la vicenda e iniziando a condividere notizie sul riscaldamento globale. Ad esso avevano fatto seguito altre agenzie pubbliche tra cui l’account @RogueNOAA (il National Oceanic and Atmospheric Administration ) e il @RogueEPAStaff (l’agenzia statunitense per la protezione ambientale); era nato addirittura un account alternativo della Marina degli Stati Uniti .
Nella causa intentata dalla piattaforma nei confronti delle autorità a stelle e strisce davanti alla Corte distrettuale della California del Nord, si legge che si tratta di un’azione “per prevenire il Dipartimento dell’Homeland Security e la US Customs and Border Protection dall’adottare illecitamente strumenti investigativi limitati nello scopo per cercare di scoprire la reale identità di una o più persone (…) per criticare pubblicamente ed espressamente il Dipartimento e l’attuale amministrazione”. “In particolare – si spiega – lo scorso 14 Marzo tali Dipartimenti pubblici avrebbero convocato Twitter tramite ordine amministrativo (CBP Summons) richiedendo a Twitter di fornire i dati necessari a smascherare, o ottenere prove per farlo, le identità dei responsabili dell’account @ALT_USCIS”.
Non solo l’ordine amministrativo con cui è stato chiesto l’accesso ai dati è solitamente adottato (e pensato) per richieste di indagini legate all’importazione di beni dall’estero, una materia evidentemente estranea a quella in esame, ma la politica di Twitter nei confronti di account ironici, alternativi o che in altri modi utilizzano marchi registrati o nomi di personaggi famosi è impostata nel senso di permettere gli utilizzi che non creano confusione, ovvero di intervenire solamente nei confronti di quegli account utilizzati per impersonare nomi e marchi adottati in modo da trarre in inganno gli altri utenti. Twitter ha specificato infatti di non prevedere alcun diritto di priorità sui nomi, che spettano ai primi che li registrano: tenendo conto di ciò non sorprende dunque che gli account “ALT” non costituiscano per la community del social media un problema, ponendosi apertamente come una versione alternativa dell’account ufficiale, creato appositamente per divulgare lo scontento circa la nuova amministrazione a stelle e strisce e chiarendo fin da subito la loro natura di account non ufficiali.
Oltre alle disposizioni di utilizzo del social network, le regole sulla privacy hanno dato manforte a Twitter, che ritiene di avere tutto il diritto (e dovere) di tutelare i dati dei propri utenti , concedendo l’accesso solo su richiesta delle autorità basata su motivazioni adeguate, cioè su mandato di perquisizione basato su certi indizi di reato o chiare violazioni che necessitano di essere valutate davanti a un giudice.
Le autorità, a seguito della denuncia di Twitter, hanno immediatamente ritirato le richieste: ciò che potrebbe aver pesato maggiormente davanti alla Corte a stelle e strisce, d’altra parte, sembrerebbe essere stata proprio la Costituzione degli Stati Uniti d’America: come sottolinea uno degli avvocati di ACLU, “il diritto di protestare anonimamente contro il governo è chiaramente protetto dal Primo Emendamento”.
Claudio Tamburrino