Si è liberato un nuovo posto alla sede di Twitter. Il ruolo è quantomeno inusuale rispetto alle normali posizioni di project manager, programmatore senior e così via: cercano un “referente governativo” (traduzione imperfetta di “Government liaison”).
Il luogo di lavoro, Washington D.C. , fa pensare si tratti di qualcosa di grosso, il pensiero corre subito alla Casa Bianca ma la capitale statunitense ospita altre celebri istituzioni, dal Congresso alla Corte Suprema, passando per vari enti federali. Le mansioni comprendono l’aiutare Twitter, quale azienda, a “capire cosa possa fare per servire meglio i candidati e gli strateghi politici attraverso i vari schieramenti e confini geografici” oltre ad “aiutare i leader ad usare Twitter per comunicare e interagire con i loro elettori e il mondo”.
L’azienda si abbandona a una digressione, altrettanto inconsueta per un annuncio lavorativo, dichiarando che il neo-assunto renderebbe il mondo un posto migliore grazie ad una maggiore comunicazione e scambio di informazioni tra eletto e votante. Certo i rapporti tra la Casa Bianca (se questo sarà il luogo deputato alla fine) e l’uccellino hanno un passato quantomeno altalenante: a fine 2007 Loic Le Meur, il più celebre blogger francese, aprì la stagione dei cinguettii nella residenza presidenziale ancora in era Bush, poi l’ingresso di Obama sembrò voler certificare l’età aurea della Whitehouse 2.0 (lui che al web doveva l’elezione stessa), salvo veder negare agli illustri dipendenti la possibilità di twittare garantita al primo inquilino. Ma quando persino il Pentagono, per ovvie ragioni di sicurezza ben più “introverso” delle altre istituzioni, si è concesso questo nuovo strumento, ne ha sdoganato l’utilizzo a tutti gli altri.
Da un’ultima occhiata alle qualifiche richieste, tra cui grande competenza tecnologica, capacità organizzative e conoscenza di governo e politica oltre i confini della Beltway (una specie di raccordo anulare attorno Washington che, in senso figurato, rappresenta il mondo autoreferenziale del Congresso) e degli USA, verrebbe da pensare che il mediatore debba essere più preparato del politico stesso.
Fabrizio Bartoloni