Gli avvocati di Twitter davanti al giudice di New York, nel delicato caso che ha coinvolto l’utente Malcolm Harris – account social @destructuremal e @getsworse – nel mirino del Procuratore Distrettuale della Grande Mela per il suo coinvolgimento nel noto movimento di protesta Occupy Wall Street .
Sono dunque state depositate le carte necessarie ad avviare la fase d’appello, dopo che il giudice Matthew Sciarrino Jr. aveva obbligato Twitter a consegnare tutte quelle informazioni utili all’identificazione dell’account cinguettante. Indirizzo IP, attività di login, messaggi inviati e ricevuti nei mesi precedenti ai disordini di piazza .
“Pubblicare un tweet è come urlare alla finestra”, aveva sottolineato in primo grado il giudice Sciarrino. Chi decide di farlo, non potrebbe attendersi una forma di tutela della propria privacy . Smontata la tesi dei legali del sito, a ricordare le previsioni legislative dello Stored Communications Act .
Il giovane Malcolm Harris avrebbe potuto (dovuto) contestare la subpoena voluta dal Procuratore Distrettuale, invocando la tutela costituzionale dei suoi messaggi sulla piattaforma di microblogging. Nelle carte d’appello, i legali di Twitter hanno messo in evidenza alcuni punti per tentare il ribaltone.
Gli utenti di Twitter hanno il diritto di proprietà sui contenuti postati , è un primo punto sollevato in aula. Come quelli di un servizio email, gli account cinguettanti possono difendersi per contestare un’eventuale subpoena – appunto richieste come quelle fatte dal giudice Sciarrino – nei loro confronti.
A difesa del sito di microblogging sono intervenuti gli attivisti di Electronic Frontier Foundation (EFF) e American Civil Liberties Union (ACLU). I cinguettii o i messaggi privati su Twitter dovrebbero essere tutelati con i principi costituzionali del Quarto Emendamento a difesa della privacy personale . La battaglia potrebbe arrivare alla Corte Suprema.
Mauro Vecchio