Twitter si muove per rivendicare la parola “Tweet” (cinguettio), termine generico diventato distintivo nel settore della comunicazione online grazie alla diffusione del suo servizio di microblogging, ma registrato prima da un’altra azienda che lo impiegava in una campagna pubblicitaria legata peraltro alla sua piattaforma .
Il marchio commerciale sembra essere la nuova frontiera delle azioni legali basate sulla proprietà intellettuale: sempre più ardite e battagliere, le aziende ICT cercano di competere non solo rivendicando quanti più brevetti possibile, ma anche lottando su ogni singola parola e ogni singolo suono in grado di accendere l’interesse dei consumatori e con capacità distintive. Lo dimostrano, per esempio, lo scontro Apple-Microsoft sull’ originalità del termine App Store , la battaglia per il termine iBook , e le accuse mosse nei confronti di Google per il marchio Android .
Twitter aveva già dimostrato l’intenzione di difendere la sua proprietà intellettuale, o meglio di rivendicare il suo spazio nello gestire i prodotti legati al servizio offerto, agendo contro agli sviluppatori terzi e i client ad esso dedicato, battaglia che si è svolta soprattutto sull’utilizzo di nomi costruiti intorno ai termini Twitter e Tweet.
Tuttavia il termine che si associa ai messaggi scambiati sulla sua piattaforma è stato registrato prima dall’azienda Twittad, che lo impiegava nella pubblicità del servizio di advertising traducibile in italiano come “Fai che la tua campagna incontri i cinguettii”. I Tweet </em<, appunto, che l'azienda dice di aver registrato ben prima della sua diffusione del tecnofringuello.
A favore di Twitter vi è il fatto che, a differenza dei brevetti, non conta né chi ha registrato per primo un termine a fini commerciali, né chi lo ha impiegato per primo come marchio: conta invece a chi lo associa il pubblico.
Per questo il tecnofringuello ha provveduto a denunciare Twittad, accusata di aver “sfruttato illecitamente la diffusione del termine legato a Twitter e di minacciare ora di bloccare Twitter stessa dal registrarlo e dall’impiegarla legittimamente”.
La battaglia sembra giunta, del resto, ad un punto di non ritorno: Twitter afferma di aver inutilmente tentato di risolvere “amichevolmente la questione”, mentre ora ha anche bloccato l’account <em<@Twittad .
Claudio Tamburrino