A causare la rottura tra Jennifer Aniston, protagonista di film di successo e soprattutto della serie TV friends, e il cantante feticcio di Steve Jobs John Mayer, sarebbe stata la iperattività di quest’ultimo su Twitter. Decine , centinaia di messaggi da 140 caratteri postati a distanza di pochi minuti l’uno dall’altro in una emorragia di pensieri: per quelli il tempo l’hai trovato, ha protestato la Aniston che non sentiva il fidanzato da giorni, ma per me nulla. E così, la rottura. E Twitter, fino a pochi mesi fa un gingillo da fanatici del web, è finito ( ancora ) una volta sulle prime pagine dei giornali.
Negli USA il fenomeno ormai è esploso, tanto che ci sono stelle dello sport come Shaquille O ‘Neal che non lesinano una cinguettata neppure durante le partite. Tanto baccano, tanto clamore rischiano di mettere in secondo piano quello che gli addetti ai lavori ripetono da tempo: il servizio non ha un modello di business in grado di sostenerlo , né sembra essere interessato a trovarne alcuno. Passati i mesi in cui l’affidabilità del sistema era molto relativa, ora Twitter sembra aver risolto i suoi problemi tecnici e cresce con percentuali impressionanti: ma di fare soldi non se ne parla.
O, meglio, non se ne parlava: con una mossa a sorpresa, nel giro di poche ore due distinte novità hanno fatto capolino nel twitterverso, lasciando intendere che qualche idea ronzi effettivamente nella testa dei suoi gestori riguardo la monetizzazione di tanto successo . Innanzi tutto nella fino ad oggi immacolata pagina del profilo di ogni iscritto è comparso un piccolo, minuscolo banner sotto la fotina dell’avatar e il nick scelto per il proprio account: assolutamente non invasivo, del tutto integrato e omogeneo con il resto della pagina, si limita a rimandare ad alcuni progetti nati attorno al servizio. E pare lo faccia anche gratis.
Twittervision, Tweetie, Widget: sono collegamenti, dicono, del tutto gratuiti, ad applicazioni per iPhone, sistemi di visualizzazione geografica dei post, accessori per equipaggiare il proprio blog con i cinguettii. E poi c’è Exectweets : questo, invece, è una specie di joint-venture tra Twitter e Federated Media Publishing , e si tratta di uno dei primi esempi di sviluppo di un servizio verticale e tematico basato sui contenuti del sito di microblogging per eccellenza.
A Twitter azienda è stato chiesto di consentire l’utilizzo del logo sulla pagina di Exectweets: in cambio gli è stata offerta , anche in questo caso pare spontaneamente, una percentuale sugli introiti giunti dallo sponsor dell’iniziativa (Microsoft). Dentro il portale-aggregatore scorrono gli update di una serie di imprenditori, dirigenti, e capitani d’azienda che utilizzano Twitter: sono stati selezionati, i loro feed vengono raccolti e mostrati tutti assieme in un flusso contornato da classifiche aggiornate in base ai voti dei visitatori, catalogati per argomenti, riassemblati per topic.
Difficile pensare di sostenere un servizio in ascesa verticale, con tutti i costi che questo comporta sul piano delle infrastrutture, unicamente con la creazione di qualche portale tematico ogni tanto: Exectweets non fa nient’altro che raccogliere, secondo una logica stabilita da terzi, una serie di cinguettii provenienti da diversi profili e mostrarli tutti assieme in una pagina. Niente di diverso da quanto si possa fare semplicemente followando (aggiungendo alla propria lista di contatti) quegli stessi profili in un account appositamente realizzato.
Le critiche a questa iniziativa non mancano , ma Exectweets segna senz’altro l’impegno – di Twitter in primo luogo e di altri – a cercare nuove forme di comprensione e conversazione con le nuove forme di comunicazione nate in seno alla Rete. Se tutto questo si possa tramutare, poi, in un reale servizio vantaggioso sotto il profilo economico , resta tutto da vedere: nel frattempo, tanto vale accontentarsi di usarlo .
Luca Annunziata