TWiT (This Week in Tech), sta facendo causa a Twitter. Il servizio di netcast network che dal 2005 ospita il meglio della tecnologia in formato podcast, ha deciso che è giunta l’ora di citare in giudizio Twitter per violazione del marchio, interferenza intenzionale indirizzata al vantaggio economico e violazione di accordi scritti e verbali . Nel momento del lancio di Twitter (2006) erano già evidenti i conflitti che si sarebbero potuti generare, come riconosciuto dallo stesso co-fondatore Evan Williams. Consci dell’ipotetica confusione che il nome della piattaforma di microblogging avrebbe creato una volta sul mercato, i vertici decisero di stipulare degli accordi sulla definizione dei tratti distintivi dei loro servizi al fine di garantire la giusta tutela.
A ulteriore supporto degli accordi tra le aziende, vi è anche corrispondenza tra Leo Laporte, creatore di TWiT e Evan Williams. In una e-mail datata 5 giugno 2009 quest’ultimo conferma di aver ricevuto la lettera/accordo e tranquillizza Laporte invitandolo a non preoccuparsi “non stiamo espandendo audio o video sotto il brand Twitter”.
Ma negli ultimi tempi questa rassicurazione ha perso di valore. Le nette differenze caratterizzanti i due servizi si sono parzialmente assottigliate, con Twitter che di fatto non si accontenta più della sola messaggistica formato testo. Immagini, video e audio sono diventati parte integrante del gioco . L’ultimo annuncio di potenziamento dei contenuti multimediali in Twitter risalente a maggio dello scorso anno ha mandato su tutte le furie TWiT che ha attivato i suoi avvocati per ostacolare l’utilizzo e il potenziamento del marchio Twitter, formulando un invito nel mese di luglio scorso.
A nulla sono valsi i tentativi di risolvere la questione bonariamente tra le parti. Nella causa infatti si legge: “Questi sforzi non hanno risolto la controversia, e Twitter continua la sua espansione nelle attività di TWiT in violazione del suo accordo con chi ha sporto querela, confutando le sue dichiarazioni e promesse fatte e violando i diritti di proprietà intellettuale dei querelanti, arrecando dando”. A questo punto ciò che chiede TWiT è un’ingiunzione preliminare e permanente che ordini a Twitter di interrompere l’uso del marchio in relazione alla distribuzione di contenuti audio e video e qualsiasi profitto derivante da atti illeciti. Rivendicando quanto concordato precedentemente.
TWiT vs. Twitter by Megan Dickey on Scribd
La questione, che si trascina da diversi anni, potrebbe effettivamente costare caro a Twitter. Se il tribunale dovesse dare ragione a TWiT, l’azienda potrebbe vedersi costretta a rivedere il piano di lancio di alcuni suoi nuovi servizi con cui intende risollevare il suo business e forse addirittura a limitare l’utilizzo di elementi multimediali nella piattaforma. Il tutto in un momento in cui la concorrenza è particolarmente agguerrita, sono stati affrontati costi ingenti per adeguare la piattaforma alle moderne necessità di moderazione e non ultima l’ accusa di violazione della privacy degli utenti ad opera dei suoi dipendenti. È probabile che il tutto finisca con un risarcimento che potrebbe, se non ricucire i rapporti, almeno mettere fine a queste scocciature.
Mirko Zago
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