Proprio quando manca un anno alle Presidenziali USA 2020 e con la campagna elettorale che nei prossimi mesi entrerà nel vivo, Twitter prende una decisione che non mancherà di far discutere, dicendo no all’advertising politico. Niente più inserzioni pubblicitarie a sostegno di un candidato, di una fazione o di un movimento.
Twitter dice no all’advertising politico
L’annuncio è arrivato con un post condiviso da Jack Dorsey. Il CEO ha spiegato le ragioni della scelta, sottolineando come secondo la piattaforma (che fin da prima della sua elezione è diventata il mezzo di comunicazione preferito da Donald Trump) un messaggio di natura politica debba raggiungere il pubblico attraverso dinamiche non alterate dagli investimenti in advertising.
Abbiamo deciso di bloccare tutto l’advertising politico su Twitter, a livello globale. Pensiamo che la diffusione del messaggio politico debba essere guadagnata, non comprata.
We’ve made the decision to stop all political advertising on Twitter globally. We believe political message reach should be earned, not bought. Why? A few reasons…🧵
— jack (@jack) October 30, 2019
Si scongiura così il rischio di interferenze nel processo democratico (Facebook ne sa qualcosa), ma al tempo stesso è come se Twitter stesse dicendo “se hai follower verrai ascoltato, altrimenti buona fortuna”. Nell’intervento del CEO anche una stoccata, seppur indiretta, al concorrente di Menlo Park.
… non saremmo credibili dicendo “Stiamo lavorando sodo per impedire alle persone di compromettere il nostro sistema e diffondere informazioni ingannevoli, ma se qualcuno ci paga per raggiungere un target preciso e forzare la gente a vedere le sue inserzioni allora potrà dire ciò che vuole”.
For instance, it‘s not credible for us to say: “We’re working hard to stop people from gaming our systems to spread misleading info, buuut if someone pays us to target and force people to see their political ad…well…they can say whatever they want! 😉”
— jack (@jack) October 30, 2019
Così facendo Twitter rinuncia ovviamente a una fetta di potenziali introiti, consapevole che gli investimenti di candidati e forze politiche potrebbero in questo modo finire nelle casse dei competitor. Considerando come il business della società non sia esattamente in salute, la decisione deve ad ogni modo essere etichettata come coraggiosa.
Siamo consapevoli di rappresentare una piccola parte di un più ampio ecosistema legato all’advertising politico. Si potrebbe affermare che qualcuno potrebbe essere favorito dalla nostra azione odierna. Abbiamo però visto molti movimenti sociali raggiungere un ampio pubblico senza alcun tipo di advertising politico. Confido nel fatto che questo fenomeno crescerà in futuro.
We’re well aware we‘re a small part of a much larger political advertising ecosystem. Some might argue our actions today could favor incumbents. But we have witnessed many social movements reach massive scale without any political advertising. I trust this will only grow.
— jack (@jack) October 30, 2019
Il messaggio di Dorsey si conclude sottolineando come la scelta non abbia nulla a che fare con l’ostacolare la libertà di espressione e che una policy definitiva sul tema verrà pubblicata da Twitter il 15 novembre. Ora la palla passa a Facebook: Zuckerberg e i suoi faranno altrettanto?