Contro il degrado urbano e la delocalizzazione delle aziende IT, l’amministrazione di San Francisco ha adottato una politica fiscale ardita: sospensione delle tasse per alcune aziende per cercare di ricostruire il tessuto sociale. Fra i primi beneficiari , il servizio di microblogging Twitter.
Incentivi statali sotto forma di esenzioni fiscali per spingere le aziende a non esternalizzare non sono una novità: il fatto che stavolta si tratti di San Francisco e di un’azienda a suo modo grande e importante come Twitter ha però attirato sulla vicenda non poche polemiche, da parte degli oppositori politici del sindaco e dei rappresentanti sindacali che definiscono la misura solo “una scappatoia per ricchi”.
Tuttavia la decisione ha una sua logica interna: San Francisco impone tasse commisurate non agli introiti aziendali ma a quanto un’azienda paga ai dipendenti , per cui Twitter, nata come una startup con pochi impiegati, avrebbe convenienza visto la repentina crescita e la conseguente necessità di allargarsi assumendo nuovo personale a spostarsi in un regime fiscale in cui questo non implichi l’aumento delle tasse .
Il tecnofringuello prevede di aggiungere circa 3mila dipendenti alla sua squadra . E l’accordo che li farà lavorare a San Francisco, spera il sindaco Ed Lee che lo ha voluto, “rivitalizzerà la nostra comunità”.
Il tutto al costo di 20 milioni di dollari di tasse in meno per il comune che però segue il grande obiettivo dell’occupazione, per cui i 3mila nuovi posti di lavori offerti da Twitter appaiono molto allettanti.
Anche nelle ipotesi migliori, tuttavia, restano paure per i cittadini e gli osservatori, connaturate con i rischi di una politica i cui effetti sono stratificati e imprevedibili: la rivitalizzazione stessa della città porta con sé, per esempio, il rischio di inflazione.
E intanto si guarda alle altre aziende che potrebbero far richiesta di esenzione e, a questo punto, contarci, come Zynga e Yelp che hanno sede a San Francisco .
Claudio Tamburrino