Non c’è solo una strategia di marketing definita punk dai membri di una delle band più ricche del mondo : tra gli U2 e Apple fermenterebbe qualcosa di più rispetto all’ ardita inoculazione della più recente opera del gruppo nelle playlist degli utenti della Mela, e si tratterebbe di un “nuovo formato per la musica digitale”.
L’obiettivo della nebulosa iniziativa che vedrà gli U2 collaborare con Apple “nel prossimo paio d’anni”, secondo le parole dei membri della band raccolte in una intervista del Time dovrebbe convincere tutti gli amanti della musica a non limitarsi a fruire della musica dal vivo (che pure agli U2 sembra fruttare non poco ) e ad acquistare paccottiglia a tema (che pure è un tassello determinante a sostegno del mercato musicale), ma a comprare la musica , possibilmente senza rivolgersi ai canali di fruizione gratuita, siano essi legali o meno .
Bono l’ha definito un “formato audiovisivo interattivo per la musica che non può essere piratato e che riporterà ai tempi del loro massimo splendore l’intera veste grafica degli album, con la possibilità di apprezzare i testi insieme alle canzoni mentre siedi nella metropolitana con il tuo iPad o su questi schermi piatti giganti”.
Niente farebbe sospettare l’avvento di nuovi sistemi DRM, deposti anni fa , o di formati di qualità estrema, come quello proposto a suo tempo da Neil Young alla stessa Apple e in attesa di concretizzarsi nell’ ecosistema Pono . Piuttosto, si tratterebbe di un’iniziativa che ricorda da vicino iTunes LP , servizio lanciato nel lontano 2009 per tentare di conquistare gli amanti della musica con le parole, le immagini, le copertine che la avvolgono. Un paratesto che si è scolorito con la fruizione dell’impalpabile musica digitale , e che il consumo di musica con i flussi dello streaming rischia di archiviare definitivamente, fatta eccezione per il manipolo di reazionari dei vinile . Lecito dubitare che l’entusiasmo di Bono sappia invertire delle tendenze che, dopo anni di battaglie, stanno cambiando un mercato della musica che per troppo tempo ha temuto la tecnologia invece di cavalcarla.
Gaia Bottà