L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato è intervenuta nel dibattito tra taxi e servizi alternativi come quello offerto dall’app Uber, praticamente schierandosi a favore di quest’ultimo con la richiesta della rimozione delle “distorsioni concorrenziali” ed in particolare l’abolizione di alcuni degli elementi presenti nelle normative che disciplinano il servizio di noleggio auto con conducente.
L’antitrust italiano ha espresso le sue considerazioni e sottoposto le sue osservazioni in adempimento di quanto prescritto dall’articolo 47, comma 2, della legge 23 luglio 2009, n. 99: partendo da un’agile analisi dell’attuale situazione economica nel paese ha cercato di individuare i punti critici dei diversi mercati in cui si può intervenire per migliorare la concorrenza e dunque la dinamicità del settore. Particolarmente rilevante appare la proposta di AGCM sul fronte del Trasporto Pubblico Locale.
Per favorire la concorrenza sul mercato, si legge nelle sue segnalazioni, spinge affinché sia modificata la legge 21/1992 che contiene le distinzioni principali tra servizio NCC (Noleggio auto con conducente) e taxi, al centro peraltro delle critiche nei confronti di Uber.
Secondo l’antitrust, anche nell’ottica delle “nuove possibilità offerte dall’innovazione tecnologica che ha determinato l’affermarsi di nuove piattaforme online che, agevolando la comunicazione fra offerta e domanda di mobilità, consentono un miglioramento delle modalità di offerta del servizio di trasporto di passeggeri”, dovrebbero essere eliminate le distorsioni concorrenziali nel settore.
Occorre in particolare – scrive AGCM – “abolire gli elementi di discriminazione competitiva tra taxi e NCC in una prospettiva di piena sostituibilità dei due servizi”: in pratica si chiede che venga tolto l’obbligo di ricezione della prenotazione di trasporto per il servizio NCC presso la rimessa (articolo 3, comma 3, e articolo 11, comma 4).
E mentre in patria (ed in particolare in Pennsylvania) Uber continua ad incontrare blocchi e resistenze anche da parte del regolatore, nella stessa direzione dell’antitrust italiano sembrano muoversi anche le autorità londinesi del trasporto locale che hanno riferito che Uber può operare a Londra in piena legalità: lì la questione riguarda la regolamentazione dell’utilizzo dell’app in luogo del tassametro. Ed ora secondo i responsabili del trasporto locale l’utilizzo dello smartphone non ha una connessione fisica od operativa con i veicoli e quindi non rientra nella definizione di tassametro così come prevista dal legislatore.
Claudio Tamburrino