Il Tribunale di Milano ha accolto il ricorso dell’associazione dei tassisti e stabilito il blocco dell’app Uber Pop .
Lo scontro tra Uber e i tassisti si era infiammato in Italia nel maggio del 2014 , quando Milano è diventata palcoscenico di scioperi ed accese proteste, ed era culminato dal punto di vista legale con la presentazione del ricorso degli operatori taxi regolari: tramite di esso l’associazione di categoria contestava all’app a stelle e strisce la concorrenza sleale ai sensi dell’art. 2598 n. 3 c.c..
Il Tribunale di Milano che ha raccolto l’azione legale dei tassisti ha quindi ora disposto l’ inibizione dalla prestazione “sul territorio nazionale dell’app denominata UBER POP e comunque la prestazione di un servizio – comunque denominato e con qualsiasi mezzo promosso e diffuso – che organizzi, diffonda e promuova da parte di soggetti privi di autorizzazione amministrativa e/o di licenza un trasporto terzi dietro corrispettivo su richiesta del trasportato, in modo non continuativo o periodico, su itinerari e secondo orari stabiliti di volta in volta”.
Uber – ora condannata al rimborso anche delle spese legali – deve vedersela anche su altri fronti: il Movimento dei Consumatori aveva chiesto all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato di indagare sempre sulle pratiche commerciali adottate per UberPop, accusato di essere incompatibile con le norme sui taxi, la sicurezza dei clienti e la trasparenza delle tariffe e dei contratti.
Prima ancora, sempre in Italia, è in Lombardia che si è parlato dell’ipotesi di una legge ad hoc contenente “Disposizioni per la razionalizzazione dell’utilizzo delle nuove tecnologie al fine di agevolare l’incontro tra domanda e offerta di servizi di trasporto pubblico locale non di linea”: uno dei tentativi d sbloccare la tensione nel settore scatenate dallo sciopero dei tassisti .
A lamentarsi del blocco, per il momento, è Codacons, secondo cui la misura costituisce un “danno enorme per gli utenti, perché limita la concorrenza e riduce le possibilità di scelta per i cittadini”.
L’Italia, d’altronde, non è l’unico paese in cui i tassisti si sono fatti sentire: negli Stati Uniti sta entrando nel vivo il processo californiano che vede Uber sul banco degli imputati con l’accusa di non aver regolarizzato l’assunzione dei suoi autisti, l’India ne contesta il controllo degli autisti, mentre, un altro esempio, la Francia aveva già recepito le proteste dei tassisti prima imponendo ai conducenti Uber un ritardo di quindici minuti ad ogni chiamata assecondando le richieste dell’Association française des taxis (AFT), e poi, lo scorso agosto, condannando l’app a modificare il suo sistema di fatturazione in particolare per quanto riguardava la normativa in materia di tassametro e tariffe definite con accordo pubblico (anche se successivamente Uber si è vista dare in parte ragione dalla Corte di Appello di Parigi).
Claudio Tamburrino