Nel tentativo di risolvere i problemi di licenza di Ubuntu in cui è impelagata da tempo , Canonical Ltd. ha modificato la policy che regola la distribuzione del suo sistema operativo gratuito in un modo che soddisfa i latori delle accuse. Almeno in parte.
Come evidenziato da Free Software Foundation (FSF) e Software Freedom Conservancy (SFC), il problema della policy di Ubuntu consiste in una presunta superiorità dei diritti di sfruttamento del marchio di proprietà di Canonical rispetto a quanto previsto dalla licenza GNU-GPL – una cosa espressamente proibita da quest’ultima.
La società britannica creata da Mark Shuttleworth ha ora aggiornato la propria policy , stabilendo che “Ubuntu è un’opera aggregata di più opere, ciascuna coperto da una licenza specifica”: nel caso in cui una di queste licenze individuali preveda specifici diritti di sfruttamento o di distribuzione, dice ancora la nuova policy, tali diritti non vengono in alcun modo limitatati o modificati.
Le modifiche decise da Canonical sono positive, ha dichiarato la FSF , ma la policy adottata dall’azienda per distribuire il proprio software dall’origine FOSS “resta problematica in modi che ci impediscono di promuoverla come un modello per gli altri”.
Il commento di SFC sposa il disappunto di FSF parlando di una situazione meno che ideale: chi è interessato a ridistribuire Ubuntu è costretto a “trasformarsi in un analista esperto della policy di Canonical Ltd.”, dice l’organizzazione, nel tentativo di identificare quei casi in cui essa contraddica o possa contraddire la licenza GNU-GPL.
Alfonso Maruccia