Canonical avrà anche fatto dietrofront sulle infrastrutture cloud remote , ma ciò non toglie che l’azienda britannica continui a essere impegnata nel propagandare sistemi e tecnologie Ubuntu pensati in chiave cloud e basate su architettura OpenStack.
L’ultima novità in tal senso si chiama The Orange Box , un cluster x86 “portatile” che Canonical descrive come un modo facile e “a basso rischio” per installare un infrastruttura cloud OpenStack in un contesto aziendale: magari per testare il gran balzo verso il cloud eterodiretto vero e proprio.
Il cluster The Orange Box contiene 10 nodi, ciascuno dei quali comprendenti una CPU quad-core Intel i5-3427U CPU (e GPU Intel HD4000 integrata), 16 gigabyte di RAM, 120GB di storage, NIC Gigabit Intel. La dotazione software include Ubuntu 14.04 LTS a 64-bit, MAAS (Metal As A Service) e JuJu. Il prezzo del nuovo gingillo cloud (13.000 dollari) garantisce ovviamente l’accesso al supporto avanzato Ubuntu per un anno, così come sono inclusi un case utile a trasportare il cluster in aereo (peso totale di 32 chilogrammi con accessori), monitor, mouse, tastiera e antenna WiFi.
L’interesse di Canonical per il cloud non si spegne, così come la volontà dell’azienda di offrire agli utenti una soluzione funzionale per il dual-boot tra Ubuntu e Android su smartphone e altri gadget mobile. M9, ultima release dell’Ubuntu Dual Boot Installer, rende tale pratica – comunque consigliata solo agli sviluppatori, e limitata sia nel supporto a certi gadget mobile che nelle funzionalità – più facile e meno prona ai bug software.
Alfonso Maruccia