Gli stati membri dell’Unione Europea sono caldamente invitati ad “adottare politiche e standard condivisi riguardo ai filtri Internet che promuovano il pieno diritto, attivo e passivo, alla libertà di esprimersi e di informare”. È un equilibrio delicato quello che il Consiglio d’Europa chiede ai paesi membri di raggiungere, è un bilanciamento complesso quello tra sicurezza e libertà di esprimersi e di informarsi.
Le raccomandazioni espresse dal Consiglio d’Europa sono ferme: i filtri, sia quelli che agiscono a livello statale, sia quelli che agiscono a livello privato e individuale, dovrebbero essere implementati proporzionando la restrittività delle misure con le persone alle quali si rivolgono, e con il pericolo che i contenuti da filtrare rappresentano per loro. Contenuti violenti e a sfondo sessuale possono infatti rappresentare un rischio per i minori, ma negarli a netizen adulti rappresenta una compressione dei diritti: per questo motivo ad ogni livello della società dovrebbe corrispondere una opportuna e proporzionata politica di filtraggio.
Una prima azione di controllo dovrebbe essere operata all’interno dei nuclei familiari responsabili dei minori che si muovono in rete: le famiglie sono incoraggiate ad informarsi seguendo campagne statali di sensibilizzazione, sono incoraggiate a fruire di filtri che possano proteggere i netizen più giovani. Allo stesso modo le agenzie educative, scuole e biblioteche, dovrebbero poter fruire del supporto di stato e mercato, disposti a cooperare per lo sviluppo di “filtri intelligenti”.
Famiglie e istituzioni dovrebbero infatti dotarsi di filtri che consentano ai giovani di navigare sicuri in rete, rispettando nel contempo le libertà di coloro che in rete si esprimono. Per questo motivo il Consiglio d’Europa raccomanda che le tecnologie per il filtering non sconfinino nell’iperprotettività dei soggetti che dovrebbero tutelare: le aziende che si occupano di sviluppare soluzioni di questo tipo dovrebbero approntare tecnologie capaci di contestualizzare le parole chiave da bloccare, per evitare, ad esempio, di negare l’accesso alle raccomandazioni fornite da consultori online scambiandole per pornografia, di negare l’accesso a pagine in cui si denunciano episodi razzisti scambiandole per siti dell’odio.
I filtri dovrebbero inoltre essere trasparenti : i prodotti che istituzioni e famiglie decidono di installare dovrebbero in ogni caso segnalare la propria operatività, e dovrebbero garantire la possibilità di accedere ai contenuti che nascondono all’utente. Non è tutto: i filtri dovrebbero essere immediatamente reversibili , per rimediare ad eventuali errori nell’oscuramento di contenuti pienamente legittimi.
Ogni stato membro, raccomanda il Consiglio d’Europa, deve mantenere salde e deve migliorare le misure per evitare che stato e privati tramutino in censura la pratica di filtraggio dei contenuti pericolosi, per evitare che i contenuti sgraditi a stato e privati diventino inaccessibili per i cittadini.
I filtri gestiti a livello statale e imposti ai provider ? Il Consiglio d’Europa ricorda agli stati membri di prestare particolare attenzione a tali misure per bilanciare i diritti in gioco: i filtri di stato dovrebbero entrare in azione solo se i contenuti filtrati minacciano la stabilità della nazione o la sicurezza dei cittadini, insidiano i loro valori o ne mettono a rischio sicurezza e reputazione, solo se ciò dovesse servire a prevenire atti criminali.
Saranno gli stati membri a detenere la responsabilità di stabilire se la frattinizzazione del web possa essere una misura proporzionata da opporre al terrorismo, se bloccare l’accesso ai contenuti illegali che circolano sulle reti P2P sia una misura adeguata per far rispettare il copyright. Sarà l’Italia a decretare se il sequestro del traffico per il gioco d’azzardo online non autorizzato serva davvero a proteggere i propri cittadini, sarà l’Italia a tracciare il crinale tra pedopornografia, pedofilia e libero dibattito.
Gaia Bottà