Una lunga e dettagliata analisi, stilata dai vertici della Commissione Europea in un documento finito tra i vasti meandri della Rete in anticipo sui tempi. Un insieme di scrupolose osservazioni, che facciano da apripista ad una proposta concreta d’emendamento alla Direttiva 2006/24/EC , che da quasi sei anni impone ai vari stati membri particolari obblighi in materia di data retention.
I commissari del Vecchio Continente hanno innanzitutto sottolineato come l’archiviazione delle informazioni relative alle comunicazioni degli utenti abbia giocato un ruolo fondamentale nella prevenzione di crimini come la pedopornografia . I dati conservati – in un periodo compreso tra 6 mesi e 2 anni – dai vari provider e fornitori di servizi TLC costituirebbero una prova cruciale per stanare colpevoli e scagionare innocenti.
Ma la Commissione Europea ha allo stesso tempo evidenziato la necessità di rivedere certi aspetti introdotti dalla Direttiva del 2006, in particolare in termini di accesso e gestione delle informazioni archiviate . La proposta d’emendamento comprenderà dunque uno scenario più accorto, per meglio tutelare i diritti fondamentali di milioni di cittadini del Vecchio Continente.
Questione di sicurezza delle informazioni conservate, ma anche (e soprattutto) del diritto alla privacy degli utenti europei. Una tutela insidiata dal concetto stesso di data retention, come sottolineato nell’ analisi ombra realizzata dagli attivisti di European Digital Rights (EDRi). I circa 500 milioni di cittadini europei non avrebbero guadagnato alcunché dai principi sanciti dalla Direttiva. Soltanto un’immane violazione della propria privacy .
La stessa EDRi ha sottolineato come l’introduzione delle disposizioni comunitarie in materia di data retention – dopo gli attacchi terroristici di Madrid e Londra – abbia costituito il più invasivo strumento mai utilizzato dai commissari d’Europa. Una visione che concorda con quanto già stabilito in Repubblica Ceca, dove era stata tirata in ballo un’evidente violazione dei principi costituzionali.
Gli stessi commissari d’Europa hanno ammesso i differenti approcci finora mostrati dai vari stati membri, in particolare sul periodo valido per l’archiviazione delle informazioni. La loro analisi ha così annunciato l’intenzione di trovare un contesto legislativo più armonico e soprattutto al riparo da eventuali lesioni dei diritti fondamentali degli utenti.
Mauro Vecchio