Un vero e proprio ultimatum era stato lanciato dalle autorità del Vecchio Continente a quelle di Londra. Che per difendersi avrebbero avuto due mesi di tempo, arrivando così a significative modifiche delle sue leggi sulla privacy. Il tempo a disposizione del governo britannico era tuttavia scaduto, scatenando un turbinio di lettere e di avvisi da parte della Commissione Europea. Le autorità d’Albione avrebbero dovuto al più presto rispondere su certe pratiche illecite di behavioral advertising .
Nessuna modifica legislativa è stata tuttavia implementata . A Londra sembra ora essere calato il silenzio sul caso Phorm, ovvero la società che aveva proceduto al monitoraggio del traffico Internet degli utenti del provider British Telecom , senza che venisse richiesto loro alcun tipo di autorizzazione. E così la pazienza della Commissione d’Europa pare essere terminata: le autorità britanniche saranno formalmente deferite presso la Corte Europea di Giustizia .
Londra non avrebbe dunque fatto alcunché per mettersi al passo delle direttive europee sulla privacy e sulla protezione dei dati personali. Oltretutto non avrebbe affatto proceduto alla composizione di un’authority nazionale indipendente per supervisionare le intercettazioni delle comunicazioni in Rete. Un’authority peraltro richiesta esplicitamente dalle direttive europee 2002/58/EC e 95/46/EC .
Proprio queste mancanze potrebbero ora costare caro al governo britannico, che rischia – se condannato – multe per milioni di sterline , per ogni giorno passato senza aver messo in regola le sue leggi. Nel frattempo, la stessa società Phorm sta vivendo un vero e proprio collasso economico , con perdite che hanno viaggiato a ritmi impressionanti: alla fine di giugno, il passivo è stato di circa 10 milioni di sterline.
Mauro Vecchio