Linkare un’opera protetta caricata in Rete senza l’autorizzazione del detentore dei diritti non è di per sé una violazione né un atto legittimo: la discriminante tra liceità e illiceità si incardina sulle intenzioni di chi linka, sulla sua consapevolezza riguardo alla natura dell’opera pirata, sulle sue opportunità di trarre profitto dalla pubblicazione del link. La Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha espresso il proprio parere nell’ambito di un caso con una propria specificità, quella del link a opere inedite pubblicate senza autorizzazione. E tra richiami di natura generica ai diritti degli autori e ai diritti alla libera circolazione dell’informazione, raccomanda a chi dovrà giudicare una valutazione approfondita del contesto in cui avviene la pubblicazione del link.
La controversia che ha reso necessario l’intervento dei giudici di Lussemburgo ha origine nei Paesi Bassi: Sanoma, editore di
Playboy, aveva denunciato GS Media, gestore del popolare sito scandalistico GeenStijl.nl , sul quale erano ripetutamente comparsi, prima della pubblicazione ufficiale , link a siti e servizi di file hosting che ospitavano delle immagini che sarebbero poi figurate in un servizio fotografico i cui diritti sono detenuti da Sanoma, un servizio fotografico pubblicato successivamente alle anticipazioni linkate dal sito scandalistico. L’editore aveva ottenuto la rimozione delle immagini dai servizi di hosting, ma non la rimozione dei collegamenti ipertestuali da parte di GeenStijl a nuove fonti. Dopo aver percorso l’iter dei diversi gradi di giudizio nei tribunali olandesi, la Corte Suprema dei Paesi Bassi ha sospeso il procedimento per consultare la giustizia europea.
Il nodo della questione si aggroviglia intorno alla direttiva 2001/29, e in particolare intorno al paragrafo 1 dell’articolo 3, che in materia di comunicazione al pubblico stabilisce che “gli Stati membri riconoscono agli autori il diritto esclusivo di autorizzare o vietare qualsiasi comunicazione al pubblico, su filo o senza filo, delle loro opere, compresa la messa a disposizione del pubblico delle loro opere in maniera tale che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente”. Un link che punti ad un opera caricata illegalmente altrove da terzi è da considerarsi una violazione del diritto esclusivo di comunicazione al pubblico? Costituiscono elementi rilevanti la tempistica della pubblicazione del link (precedente alla pubblicazione autorizzata), la consapevolezza dell’illegalità del caricamento da parte di chi linka, la vastità del pubblico a cui l’opera protetta è esposta grazie al link?
L’avvocato generale della Corte di Giustizia dell’Unione Europea si era espresso nei mesi scorsi e, richiamandosi alle sentenze Svensson, del febbraio 2014 , e BestWater, di poco successiva , aveva ritenuto che, poiché la comunicazione al pubblico sussiste nel momento in cui si rivolga ad un pubblico nuovo, non previsto dai titolari dei diritti e incapace di raggiungere altrimenti l’opera in oggetto, nel caso di GeenStijl non ci sarebbe comunicazione al pubblico. Le opere, caricate illegalmente da ignoti, sarebbero raggiungibili da chiunque sui siti di file hosting: considerare illegale l’operato del sito scandalistico, secondo l’avvocato generale, avrebbe minato alla base le dinamiche della Rete, facendo ricadere sui netizen obblighi non sostenibili, quali la richiesta di autorizzazione al link da parte del detentore dei diritti e la verifica della liceità della pubblicazione dell’opera linkata.
La Corte di Giustizia dell’Unione Europea, nella propria decisione, torna ad esaminare la questione e appare ricondurla a principi meno universali, in qualche modo meno “idealistici”, per promuovere quella che definisce valutazione individualizzata . Si ammette che è necessario un bilanciamento fra i diritti degli autori e dei cittadini della Rete, come previsto dalla direttiva 2001/29, riconoscendo che la protezione del copyright vada necessariamente confrontata con la libertà d’espressione e d’informazione dei netizen. Questo equilibrio, secondo i giudici di Lussemburgo, va cercato non solo nella definizione di comunicazione al pubblico, ma anche nelle circostanze in cui avvenga l’atto che potrebbe costituire una violazione dei relativi diritti dell’autore.
Fondamentale, per la Corte di Giustizia, è la definizione di pubblico a cui è destinato il link, definito come un “numero indeterminato di destinatari potenziali”, un numero “piuttosto considerevole” che si configuri come “nuovo”, vale a dire “un pubblico che non sia già stato preso in considerazione dai titolari del diritto d’autore nel momento in cui hanno autorizzato la comunicazione iniziale della loro opera al pubblico”. Nel caso in oggetto, le immagini a cui i link puntavano non erano state pubblicate dal legittimo detentore dei diritti, che ancora non le aveva messe a disposizione: si configura così una violazione del diritto di comunicazione al pubblico?
La Corte di Giustizia procede cautamente: “qualificare automaticamente come comunicazione al pubblico ogni collocamento di detti collegamenti verso opere pubblicate su altri siti, qualora i titolari del diritto d’autore delle stesse opere non abbiano autorizzato tale pubblicazione su Internet, avrebbe conseguenze fortemente restrittive per la libertà d’espressione e d’informazione”. I giudici di Lussemburgo, come in precedenza l’avvocato generale, ammettono che “Internet riveste effettivamente un’importanza particolare per la libertà d’espressione e d’informazione (…) e che i collegamenti ipertestuali contribuiscono al suo buon funzionamento nonché allo scambio di opinioni e di informazioni in tale rete caratterizzata dalla disponibilità di enormi quantità di informazioni”. Riconoscono poi che, attribuendo al cittadino della Rete la responsabilità di verificare se il proprio link costituisca comunicazione al pubblico e violi i relativi diritti , lo si graverebbe di un onere eccessivo : “può risultare difficile, in particolare per i privati che intendano collocare siffatti collegamenti, verificare se il sito Internet verso il quale si presume che tali collegamenti rimandino fornisca l’accesso ad opere protette e, se del caso, se i titolari dei diritti d’autore di tali opere abbiano autorizzato la loro pubblicazione su Internet”, senza contare che chi linka ha scarso controllo sulla pagina linkata , poiché “il contenuto di un sito Internet cui un collegamento ipertestuale consente di accedere può essere modificato dopo la creazione di tale collegamento, includendo le opere protette, senza che la persona che abbia creato lo stesso collegamento ne sia necessariamente a conoscenza”.
Quello che dovrebbe orientare i tribunali, secondo il parere dlla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, sono le circostanze in cui agisce chi pubblichi il link : chi pubblica potrebbe non sapere se l’opera linkata sia stata pubblicata illegalmente o se sia disponibile per mano dei detentori dei diritti, e quindi sia già raggiungibile dal pubblico.
Ma, ricordano i giudici di Lussemburgo, esistono dei casi in cui chi pubblica il link dimostra di essere pienamente consapevole di imbarcarsi in una violazione del diritto di comunicazione al pubblico, offrendo ai suoi utenti il collegamento ad un’opera non altrimenti diffusa dal detentore dei diritti: ad esempio, quando è stato avvertito dai titolari del diritto d’autore , oppure quando pubblichi il link in modo da eludere delle misure restrittive adottate dal sito che ospiti l’opera messa a disposizione da chi ne detiene i diritti.
Elemento dirimente per stabilire la natura consapevole della violazione, poi, è il fine di lucro che sottende la pubblicazione del link: la Corte di Giustizia non definisce esplicitamente il fine di lucro in termini di pubblicità o di abbonamenti previsti dal sito che ospita il collegamento ipertestuale, né si addentra nella complessità delle dinamiche di revenue sharing adottate dalle piattaforme di hosting e dai servizi che offrono advertising formato interstital. Si limita a osservare che “qualora il collocamento di collegamenti ipertestuali sia effettuato a fini lucrativi, è legittimo aspettarsi che l’autore di tale collocamento realizzi le verifiche necessarie per garantire che l’opera di cui trattasi non sia pubblicata illegittimamente sul sito cui rimandano detti collegamenti ipertestuali” e che “è pacifico che è a fini lucrativi che la GS Media gestisce il sito GeenStijl e ha fornito i collegamenti ipertestuali verso i file contenenti le foto in questione che si trovano sul sito Filefactory”.
È dunque la consapevolezza , secondo la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, l’aspetto centrale per determinare le responsabilità della violazione del diritto di comunicazione al pubblico da parte di colui che linki opere protette su siti terzi, pubblicate senza l’autorizzazione del detentore dei diritti: dato questo principio, la valutazione, individualizzata, andrà effettuata dai giudici che esaminano i singoli casi, tenendo conto degli “svariati criteri complementari” in gioco.
Gaia Bottà