C’è un accordo , pacifico: ed è anche questa un po’ una notizia. Questa volta non ci sono in ballo multe milionarie per Microsoft, trascinata davanti alla Commissione Europea e al commissario uscente in materia di antitrust Neelie Kroes, per la questione dei browser nel suo sistema operativo Windows: BigM accetta di inserire un ballot screen , ovvero di permettere ai consumatori di scegliere quale software utilizzare per la navigazione in Rete. Nei modi e nei tempi indicati dalla UE .
Le puntate precedenti: Opera Software, madre dell’omonimo browser, aveva sollevato dinanzi alle autorità continentali la questione del software preinstallato e predefinito sul più diffuso sistema operativo consumer. A Opera si erano unite Mozilla, a sua volta genitrice di Firefox, e Google con il suo Chrome, e in breve si era giunti all’ipotesi di lasciare ai consumatori la possibilità di scegliere quale browser adottare sui propri computer: un ballot screen, una schermata di selezione che consenta di avviare con semplicità le operazioni necessarie a integrare un software (concorrente o meno) sulla piattaforma.
A differenza di quanto prospettato in principio, e seguendo le segnalazioni giunte da Opera e Mozilla a ridosso della decisione finale, le indicazioni della Commissione Europea riguardano anche le modalità di presentazione della schermata del ballot screen: semplificata, nelle parole del commissario, rispetto alle ipotesi iniziali, slegata almeno apparentemente da Internet Explorer (si baserà sul codice di Microsoft ma sarà esteticamente neutra, non porterà indicazioni che facciano riferimento esplicito al software di Redmond), la lista sarà ordinata in maniera casuale e conterrà dodici diversi browser selezionati in base al market share e dunque alla diffusione sul mercato europeo.
Concorreranno alla determinazione della lista le quote cumulative detenute da ciascun browser: se, come nel caso di Firefox ed Explorer ad esempio, vi fossero in circolazione più versioni del programma, sarà la somma delle quote detenute da ciascuna di esse (e ricavata da rilevazioni come quelle di NetApplication o ComScore) a determinare l’effettivo peso sul mercato. Nel caso in cui il numero di browser fosse inferiore ai dodici richiesti, gli slot liberi saranno lasciati vuoti. La lista sarà aggiornata ogni sei mesi , e Microsoft dovrà rendere conto dell’effettiva applicazione delle direttive a scadenze prima semestrali e in seguito annuali.
Una volta fatta la propria scelta, il consumatore potrà anche decidere se rimuovere completamente Internet Explorer dal computer. Lo stesso potranno fare i produttori di PC, come ha già ad esempio fatto Sony con Google e il suo Chrome, stringendo accordi specifici o optando autonomamente per selezionare un software da installare di default sulle macchine nel proprio listino: “Comunque la si metta, ora Microsoft dovrà conquistarsi le sue quote di mercato” sintetizza il Commissario nella sua dichiarazione, sottolineando cioè la necessità che avrà BigM di stringere accordi in competizione con altri soggetti per accaparrarsi vantaggi strategici .
Il ballot screen comparirà, dunque, a partire dalla primavera sugli schermi dei computer dotati di Windows XP, Vista e Seven, purché abbiano impostato Internet Explorer come browser predefinito. La lista prevede per il momento la presenza di IE, Firefox, Chrome, Safari e Opera, ovvero i cinque browser più utilizzati dai consumatori europei, seguiti poi da K-Meleon, AOL, Slim Browser, Maxthon, Avant Browser, Flock e Sleipnir. Dal 2015, inoltre, la direttiva europea prevede anche la presenza automatica e di default del ballot screen all’interno di tutti i sistemi operativi messi in commercio da Microsoft.
A margine di questa decisione, e come ricordato anche dal Commissario, Microsoft ha anche voluto allargare i propri impegni di interoperabilità estendendo le linee guida già annunciate negli scorsi mesi. Anche in questo caso l’iniziativa di BigM si inserisce nelle indagini in corso proprio riguardo il funzionamento del software prodotto da terze parti nei sistemi operativi e con altri prodotti sviluppati a Redmond: le nuove proposizioni si allargano a coprire una vasta gamma di applicativi e piattaforme, da SharePoint a dotNET, OS desktop e server , Outlook, Exchange, Office, OOXML (ormai standard ISO) e ovviamente anche ODF . Inoltre, Microsoft si impegna anche a rispettare proprio nel suo browser gli standard web definiti dal W3C.
“Riteniamo che (questa iniziativa, ndr) rappresenti il più ampio impegno nella promozione dell’interoperabilità nella storia dell’industria software – ha annunciato il vicepresidente Microsoft, responsabile delle questioni legali di BigM, Brad Smith – Con questa promessa formale, Microsoft garantirà che gli sviluppatori di tutto il settore, compresa la comunità open source, potranno avere accesso alla documentazione tecnica necessaria per costruire prodotti che lavorino bene con i prodotti Microsoft”. Il tutto nello spirito delle dichiarazioni rilasciate nel 2008 dal commissario europeo Neelie Kroes , precisa Smith, proprio in materia di interoperabilità.
Tra l’altro, il nuovo ” Public Undertaking ” prevede anche la compatibilità delle policy adottate con i parametri delle licenze open source: un meccanismo che costringerà a distinguo e gimcane tra brevetti software e standard, prevedendo per ciascun tipo di documentazione o specifica un “equa tariffa” per compensare le royalty legate alla proprietà intellettuale in ballo, legata ovviamente alla complessità della tecnologia a cui fa riferimento. Microsoft si impegna anche a rispettare queste regole da lei stessa create , definendole “un importante e significativo passo in avanti” per la “costruzione di un nuovo fondamento per il futuro in Europa”.