Non solo una fotografia del volto e i dati personali: il Parlamento Europeo ha confermato che il passaporto rilasciato dagli stati membri conterrà informazioni biometriche. Le impronte digitali, a parere dei rappresentanti dei cittadini europei, contribuiranno a scongiurare i furti di identità.
La misura è stata approvata a larga maggioranza dagli europarlamentari: si sono dimostrati concordi nel trovare nell’accumulazione di impronte digitali e nel loro immagazzinamento in chip RFID il giusto equilibrio tra il diritto alla sicurezza e il diritto alla riservatezza dei cittadini. Dal 29 di giugno verranno introdotti i nuovi documenti, ci sarà tempo fino al 2012 per adeguarsi: i cittadini dell’Unione Europea e di Norvegia, Islanda e Svizzera saranno invitati a fornire i polpastrelli e a favorire due impronte digitali . Verranno risparmiati , oltre alle persone gravemente menomate, i bambini con meno di 12 anni, le cui impronte sono ancora in evoluzione, che dovranno però dotarsi di un proprio documento.
Non è dato sapere in che forme e modi l’identificativo biometrico verrà archiviato a livello centrale dalle istituzioni e inserito nel “microprocessore senza contatto” incluso nel passaporto: l’Unione Europea si limita a rassicurare i cittadini, spiegando che si tratta di “elementi che renderanno più sicuri i documenti di viaggio e più stretto il legame tra il passaporto e il suo titolare, per contribuire in maniera consistente ad impedire un uso fraudolento del documento”.
Quella di farcire i documenti dei cittadini con informazioni biometriche di ogni tipo è un’ esigenza che da tempo manifestano paesi di tutto il mondo : l’Europa, in ritardo sulla tabella di marcia, si è finora mossa a macchia di leopardo. La Francia dal 2006 offre ai suoi cittadini passaporti biometrici, la Germania raccoglie da un anno impronte digitali, mentre in paesi come l’Olanda le sperimentazioni sono di lunga data .
Proprio in Olanda è stata dimostrata l’ inefficienza delle misure di sicurezza a presidio dei dati personali del cittadini contenuti nel chippetto RFID. Sono numerosi gli esperti di sicurezza che si accodano alle dimostrazioni finora condotte e che sottolineano come un’eccessiva fiducia riposta in una tecnologia che non difende dallo sniffing potrebbe attentare alla sicurezza delle frontiere: “Con gli attuali passaporti, il personale guarda attentamente il volto delle persone – spiega Richard Clayton , ricercatore dell’università di Cambridge – se l’attenzione si spostasse sulle impronte digitali c’è il rischio che si trascuri l’elemento umano in questo tipo di controllo, come l’osservazione dei segnali di nervosismo in occasione dei passaggio della frontiera”. Nonostante ciò dall’Europa giungono rassicurazioni : “I dati sono protetti e il supporto di memorizzazione è dotato di capacità sufficiente per garantire l’integrità, l’autenticità e la riservatezza dei dati”.
Gli identificativi biometrici come le impronte digitali, avvertono inoltre gli esperti, sono tutto fuorché sicuri. Dovrebbero fungere da password univoche per ciascun cittadino, ma rischiano di incappare in falsi positivi , favorendo l’erroneo abbinamento di una impronta raccolta con l’impronta archiviata di un cittadino a cui non corrisponde. Gli hacker dello storico Chaos Computer Club hanno riprodotto e pubblicato l’impronta del ministro dell’Interno tedesco Wolfgang Schauble e l’hanno utilizzata come passepartout presso scanner biometrici. Fare altrettanto con i documenti biometrici dei cittadini europei potrebbe non risultare molto più complesso per malintenzionati ben equipaggiati.
Gaia Bottà