“Internet ha un peso enorme nell’incitare al terrorismo, nel comunicare e fornire informazioni riguardo a come orchestrare un attacco”: questo il parere di Gilles de Kerchove, coordinatore della Commissione europea per le politiche antiterrorismo. Un parere condiviso dai ministri della Giustizia e dell’Interno dei 27 stati membri, compatti nell’accogliere una proposta di armonizzazione del proprio quadro normativo relativo al terrorismo che striscia in rete.
L’obiettivo dell’ accordo ? Aggiornare il framework legislativo europeo antiterrorismo, ampliando anche alla rete il raggio delle definizioni e dei crimini da punire. Creare una definizione comune di terrorismo, tracciare un elenco delle sue manifestazioni online. Saranno definizioni da cui muovere per individuare i responsabili, per ripulire Internet, per impedire che i testi su uno schermo si concretizzino in attacchi.
L’Unione Europea riconosce che il Web è terreno fertile per reclutatori ed evangelisti del terrore, per agitatori di masse e promotori di messaggi capaci di fomentare violenza e odio fra i giovani. Riconosce che “Internet è usata per ispirare e mobilitare i terroristi, funziona come un campo di addestramento virtuale”. Per questo motivo sono state tracciare delle nuove declinazioni dei crimini di stampo terroristico: “La pubblica provocazione a commettere un atto terroristico, il reclutamento e l’addestramento saranno comportamenti punibili, anche se condotti attraverso Internet”. La proposta Frattini prende dunque corpo: la criminalizzazione e la repressione di propagandisti violenti e di coloro che intendono addestrare netizen militanti sono più vicine.
In questo modo sarà più facile sradicare dalla rete ogni messaggio che attenta alla sicurezza degli stati membri, che si tratti di propaganda di stampo terroristico, si tratti di incitazioni alla violenza, si tratti di istruzioni mirate per seguire i netizen passo passo nel confezionamento di un ordigno esplosivo. Le forze dell’ordine, una volta che gli stati membri avranno recepito quanto stabilito a livello europeo, dovranno poter impugnare strumenti più efficienti per rimuovere dalla rete le pagine sobillatorie, dovranno poter contare sulla collaborazione dei provider , sempre più coinvolti nell’amministrazione della giustizia online. I tribunali avranno il potere di ordinare la chiusura dei siti e di intimare ai provider la consegna dei dettagli utili a identificare coloro che si celano dietro a pagine pericolose .
Ma oltre a garantire una solida efficienza nel combattere su scala europea questa nuova categoria di crimini online, il rinnovamento del quadro legislativo, promettono i ministri, consentirà di “garantire che i diritti fondamentali rimangano ben protetti”. Senza spingersi a tracciare una discriminante che possa distinguere la propaganda terroristica dal semplice attivismo politico, i Ministri spiegano che continuerà ad essere tutelato il diritto ad esprimersi in rete, i netizen potranno continuare ad attingere a fonti indipendenti per raggranellare notizie e informazioni, per edificare le loro opinioni: “Siamo stati in grado di raggiungere un equilibrio estremamente delicato tra due obiettivi importanti – ha commentato il ministro della Giustizia sloveno – dobbiamo assicurare che vengano rispettati i diritti umani e le libertà fondamentali dei cittadini. Dall’altro lato questo accordo ci consentirà di condurre una più efficace lotta al terrorismo. Migliorerà la capacità dell’Unione Europea di prevenire gli attacchi”.
Nella proposta non si fa il minimo accenno agli strumenti e alle strategie per sgominare il terrorismo web: se si tradurrà in regolamento, ogni stato membro lo recepirà armonizzandolo con la propria legislazione. Ogni stato membro potrà decidere della severità della punizioni da comminare ai colpevoli, ogni stato membro orchestrerà le strategie per agevolare la possibilità di condurre azioni di contrasto al terrorismo web su scala europea. L’Italia si è già portata avanti .
Gaia Bottà