Il testo della cosiddetta direttiva autorizzazioni ( 2002/20/CE ) consente ai vari stati membri dell’Unione Europea di imporre ai singoli fornitori di servizi di comunicazione elettronica il pagamento di quei diritti amministrativi che permettono alle stesse autorità nazionali le attività di finanziamento di altri settori come, ad esempio, quello legato al sistema radiotelevisivo.
Oggetto dello scontro legale tra il governo di Parigi e i vertici della Commissione Europea, la tassa prevista a livello legislativo per salvaguardare il settore televisivo in crisi di abbonamenti e pubblicità potrà ricadere sui singoli provider transalpini. Nel parere della Corte di giustizia dell’Unione europea, i diritti amministrativi previsti nella direttiva 2002/20/CE hanno un carattere remunerativo e possono avere come unico scopo la copertura dei costi sostenuti per il rilascio, la gestione, il controllo e l’applicazione del sistema di autorizzazione generale nel settore della comunicazione elettronica .
“Una tassa il cui fatto generatore sia collegato alla procedura di autorizzazione generale che consente di accedere al mercato dei servizi di comunicazione elettronica costituisce un diritto amministrativo ai sensi della direttiva e può essere imposta solo alle condizioni da questa enunciate”, ha precisato la Corte.
Dopo l’approvazione della proposta di legge francese, i vertici della Commissione Europea avevano avviato una specifica procedura d’infrazione nei confronti del governo parigino: la direttiva europea 2002/20/CE stabilisce infatti i limiti entro cui è possibile tassare i fornitori di connettività, categoria che viene tutelata da Bruxelles in quanto considerata servizio di importanza primaria. In essa si stabilisce anche che ogni nuovo balzello debba essere “specificatamente e direttamente legato alla copertura dei costi di regolamentazione del settore” .
La Corte ha ora rilevato che la tassa contestata non verrebbe fatta gravare su tutti gli operatori di comunicazione elettronica titolari di un’autorizzazione generale o di un diritto d’uso delle frequenze radio e dei numeri, ma solo sugli operatori titolari di un’autorizzazione generale che forniscano già i loro servizi sul mercato di comunicazione elettronica verso gli utenti finali . “Ciò premesso, la Corte afferma che la tassa contestata non costituisce un diritto amministrativo ai sensi della direttiva e non rientra dunque nell’ambito di applicazione della medesima. Essa respinge pertanto il ricorso della Commissione”.
Per il commissario europeo Viviane Reding, nel 2008, l’idea di una tassa sui provider per finanziare il sistema pubblico della radiotelevisione risultava incongruente con le normative europee e iniqua per questioni di principio, limitando un settore in crescita per alimentarne uno segnato dal passare del tempo. Diverso il parere del ministro alla Cultura Aurélie Filippetti, che ora esprime soddisfazione: la Francia ha dimostrato che l’imposizione di una tassa ai provider non andrebbe assolutamente contro l’attuale normativa in ambito comunitario.
Mauro Vecchio