Le tecnologie di protezione anticopia sui contenuti digitali possono anche attraversare una fase di crisi , con ripensamenti sull’utilizzo del DRM anche da parte di major di rilevanza internazionale , eppure la Commissione Europea è convinta che proprio nel DRM risieda la risposta da dare alla pirateria .
Lo afferma in uno studio che in questi giorni viene ripreso da tutti i mezzi di informazione. Un rapporto secondo cui nel 2010 i contenuti in linea genereranno entrate per 8,3 miliardi di euro in Europa , con una crescita di oltre il 400% in cinque anni.
Se questo scenario verrà confermato dai fatti, per l’industria musicale significherebbe ottenere il 20 per cento delle proprie entrate da Internet, e per quella dei videogiochi la percentuale sul totale sarebbe del 33 per cento. Com’è ovvio, tutto questo dipende dalla diffusione dell’accesso a banda larga e, come afferma la Commissione, dalla “adozione generalizzata dei dispositivi digitali”.
La sostanza del rapporto, dunque, è che oggi c’è una opportunità senza precedenti per l’industria dei contenuti. Opportunità che però sarebbe minacciata dal nemico di sempre, la pirateria .
“La pirateria – scrive la Commissione – dissuade le imprese del settore dei media dal proporre contenuti in linea in quanto può risucchiare parte dei proventi. Per rendere la distribuzione digitale più sicura e sostenibile sono necessari sistemi efficaci di gestione digitale dei diritti (Digital Rights Management, DRM) atti a gestire e proteggere i contenuti digitali”.
Lo studio non sorvola su uno dei maggiori problemi legati all’applicazione del DRM, quello che ha messo in croce Apple prima in Francia e ora in Norvegia , lo stesso riscontrato da milioni di utenti, vale a dire l’interoperabilità . E afferma: “Se tuttavia si teme una mancanza di interoperabilità o di standardizzazione dei sistemi di gestione dei diritti, a lungo termine la diffusione dei servizi e dei dispositivi per i contenuti digitali può risultare frenata”.
Non riveste invece un ruolo centrale nella riflessione di Bruxelles la questione del diritto del consumatore , che sempre più spesso rivendica in varie sedi e in ogni modo di voler disporre a proprio piacimento di quanto acquista, su qualsiasi media e senza restrizioni. Un approccio che è anche un dato culturale e che più volte è stato messo in diretta relazione all’enorme successo delle piattaforme peer-to-peer, che permettono agli utenti di scambiare l’uno con l’altro, sebbene illegalmente, file protetti da diritto d’autore ma niente affatto protetti da tecnologie DRM.
Il fatto che lo studio sia così impostato non è secondario. Il commissario alla Società dell’Informazione Viviane Reding (nella foto qui sopra) chiarisce come “lo studio appena pubblicato mi sarà molto utile per la preparazione del pacchetto di misure sui contenuti in linea nel mercato unico , previsto per la seconda metà del 2007″.
Ma ieri, sottolinea ZDNet UK , la Commissione ha anche voluto negare di voler favorire l’open source a livello comunitario . Il chiarimento di Bruxelles è giunto dopo le notizie di stampa che hanno ripreso nelle scorse settimane il rapporto europeo sull’impatto economico e sull’innovazione dell’open source.
Un portavoce della Commissione ha spiegato di voler “sottolineare che siamo assolutamente neutrali nella nostra posizione: non siamo né contro né a favore. La policy della Commissione sostiene la concorrenza, l’interoperabilità, gli standard e l’indipendenza dei produttori. Questo è quello che vogliamo evidenziare. Non siamo contro (l’open source, ndr.) ma non sosteniamo nessuna delle parti in campo”.