Tra la tutela della privacy online e le attività di business digitale, gli utenti del Vecchio Continente dovrebbero nutrire un rapporto di estrema fiducia. “Abbiamo bisogno di una cultura aziendale che rispetti i consumatori e il loro fondamentale diritto alla privacy”, dichiara il vice-presidente della Commissione Europea Neelie Kroes, in un recente incontro tenutosi a Bruxelles.
Un’occasione per ricordare le nuove regole introdotte dalla direttiva comunitaria per la privacy in Rete: tutti i fornitori di servizi dovranno gestire in maniera trasparente i cookie rastrellati dalle navigazioni online , obbligati al consenso informato prima dell’archiviazione delle informazioni personali ai fini del tracciamento o delle naturali esigenze dell’ advertising .
Nel giugno dello scorso anno, la stessa Kroes aveva invitato tutte le parti in causa a sedersi al “tavolo della standardizzazione”, per abbracciare le regole del cosiddetto Do Not Track , in modo da rispettare le scelte anti-tracciamento degli utenti del Vecchio Continente. “Ad un anno di distanza, è giunto il momento di verificare i progressi acquisiti”, ha continuato il responsabile europeo per l’Agenda Digitale.
“Alcuni produttori di browser hanno velocemente incorporato lo standard emergente, ed è una cosa positiva – ha spiegato Kroes – Ma diciamolo francamente: le attività di standardizzazione non proseguono secondo i piani. Infatti, sono sempre più preoccupata. Per i ritardi, ma anche per la piega che hanno preso le discussioni al World Wide Web Consortium “. Il problema? I meccanismi Do Not Track risulterebbero sempre più diluiti, annacquati .
Il motivo è triplice, almeno secondo il Commissario europeo. Gli utenti comunitari non risultano adeguatamente informati sulle impostazioni di default su dispositivi e applicazioni software. Secondo, molti siti web continuerebbero ad ignorare le scelte degli utenti, per una sorta di tracciamento coatto. Terzo, la lista delle operazioni possibili senza il consenso degli utenti dovrebbe restringersi e di molto.
Se per l’Europa – e gli attivisti di Open Rights Group – “il tempo sta per scadere”, negli Stati Uniti continua la polemica scatenata dai signori dell’ advertising sulla funzionalità Do Not Track integrata nell’ultima versione (10) del browser Internet Explorer . L’anti-tracciamento implementato di default dagli sviluppatori di Microsoft non piace affatto alle aziende che spendono milioni di dollari per il rastrellamento di informazioni ai fini pubblicitari.
I senatori Joe Barton e Edward Markey – a guida del Privacy Caucus – hanno bacchettato pubblicamente i vertici della Digital Advertising Alliance , che andando contro il Do Not Track di BigM metterebbero “i profitti al di sopra della privacy degli utenti”. I netizen statunitensi avrebbero tutto il diritto di non scegliere le attività di tracciamento, mentre Microsoft andrebbe applaudita per quanto fatto in IE 10.
Mauro Vecchio