La settimana scorsa il Parlamento europeo ha approvato , con 484 voti a favore e 164 contro, il lungamente dibattuto sistema unificato dei brevetti che punta ad offrire agli inventori e alle imprese europee uno strumento unico per proteggere le invenzioni in 25 Stati dell’Unione. Restano invece per il momento fuori Italia e Spagna, che contestano la scelta di inglese, tedesco e francese come uniche lingue obbligatorie.
Il cosiddetto “pacchetto del brevetto europeo” è costituito da due regolamenti e una convenzione internazionale votati con tre separate sessioni di voto: i primi due elementi istituiscono rispettivamente lo strumento del brevetto europeo e il regime linguistico da adottare, il terzo stabilisce un sistema giuridico unico, la Corte brevettuale unica ( Unified Patent Court , UPC), che avrà competenza esclusiva sulla validità e la violazione del brevetto unitario europeo.
In generale, il nuovo sistema brevettuale rappresenta un’importante svolta per il mercato europeo: anche se non è logico parlare di competizione con gli altri uffici brevettuali rilevanti (come potrebbero essere considerati quello statunitense e quello cinese che attualmente detiene il record di domande di brevetto) dal momento che la scelta di brevettare in un determinato territorio non è alternativa ma parallela, si tratta in ogni caso di un possibile fattore di crescita per l’economia europea e in particolare per le piccole e medie imprese che puntano sull’innovazione e che, in forza di un brevetto unico meno costoso e difficile da ottenere, possono sperare di lavorare in diversi paesi membri.
Una lunga strada con ancora qualche curva
Al nuovo sistema – di cui si discute dagli anni 70 con il dibattito sulla Convenzione europea sul brevetto – manca ancora qualche passaggio per essere effettivo: il brevetto unitario aspetta, a breve, l’ultima formale adozione da parte del Consiglio europeo e del Parlamento europeo, mentre l’UPC, cui sono vincolati i primi due regolamenti, dovrebbe essere firmato il 18 febbraio 2013 ed entrare in vigore il primo gennaio 2014 o appena un terzo degli stati membri dell’UE (compresi Francia, Germania e Regno Unito) ne ratificheranno il relativo trattato.
Un solo brevetto per 25 Stati membri
“La proprietà intellettuale non deve fermarsi alle frontiere: il cammino verso l’introduzione di un brevetto UE è stato lungo e travagliato, ma il risultato finale ha ripagato lo sforzo” ha dichiarato il parlamentare europeo portavoce dell’iniziativa, Bernhard Rapkay.
Il problema della territorialità della proprietà intellettuale , limitata ai confini dello stato che riconosce un titolo, ha finora determinato, per ogni tecnologia valevole di protezione, l’esistenza di un titolo brevettuale per ogni Stato membro dell’UE, con conseguente moltiplicazione dei possibili processi di invalidazione e violazione, nonché dei costi di gestione e traduzione. Inoltre tale situazione costituisce, evidentemente, un ostacolo anche all’armonizzazione necessaria allo sviluppo e al funzionamento del mercato interno, dal momento che ogni ufficio brevettuale ed ogni corte nazionale chiamato ad interpretare un titolo brevettuale ha i propri standard e le proprie regole di interpretazione: ad esempio, già nel caso Brüstle v. Greenpeace, relativo alla brevettabilità delle invenzioni che utilizzano cellule staminali embrionali, la Corte europea di giustizia aveva avuto modo di sottolineare come le differenti definizioni della nozione avrebbero pregiudicato il buon funzionamento del mercato interno della direttiva 98/44 sulla brevettabilità delle biotecnologie, ma in generale è molto elevato il rischio di sentenze contrastanti tra loro che hanno al centro un brevetto nazionale originato da una stessa tecnologia.
Oltre alla direttiva sulle biotecnologie, l’altro tentativo di armonizzazione brevettuale a livello europeo è stato quello portato avanti dall’Ufficio brevettuale europeo (EPO, European Patent Office ) un’organizzazione esterna all’UE: attraverso di essa viene attualmente concesso agli inventori un titolo utile come strumento amministrativo per ottenere un fascio di singoli brevetti nazionali riconosciuti da ognuno dei 27 diversi Stati europei attraverso le rispettive procedure e nella rispettiva lingua.
Grazie al brevetto europeo, invece, un inventore potrà sempre rivolgersi all’EPO per ottenere un brevetto unico valido in tutti e 25 gli Stati che hanno sottoscritto il pacchetto brevettuale : questo – almeno per il momento – continuerà a coesistere con i brevetti nazionali, ma a differenza del precedente titolo rilasciato dall’EPO non dovrà passare attraverso le procedure, i costi amministrativi, le traduzioni linguistiche e gli altri atti burocratici degli uffici brevettuali dei singoli stati. Il primo brevetto unitario europeo, secondo le intenzione dell’EPO, dovrebbe essere concesso per febbraio 2014.
La prima conseguenza del brevetto unitario europeo ora approvato è, dunque, una netta semplificazione burocratica e amministrativa e quindi un notevole taglio dei costi: secondo le prime stime dovrebbe permettere un risparmio fino all’80 per cento, dal momento che un brevetto unitario europeo dovrebbe costare in media 4.725 euro, contro i 36mila necessari ad oggi per ottenere una protezione pan-europea. La semplificazione principale riguarda probabilmente il regime linguistico adottato: i brevetti saranno disponibili e validi in inglese, tedesco e francese, le lingue ufficiali dell’EPO: le differenze linguistiche del Vecchio Continente sono d’altronde uno dei principali problemi dell’attuale sistema brevettuale europeo, tanto che la Commissione aveva cercato di adottare altri strumenti per aggirare i problemi di costi e di tempi di traduzione, offrendo per esempio la possibilità di ricorrere a sistemi automatizzati .
Con il nuovo sistema, il brevetto unitario deve essere rilasciato unicamente in una di queste tre lingue, fatta salva la possibilità di adottare un regime transitorio di traduzioni, prive di effetto giuridico e unicamente a scopo informativo, e che in ogni caso dovrebbe terminare non appena saranno disponibili traduzioni automatiche, previa valutazione obiettiva della loro qualità. In caso di controversia, gli obblighi di traduzione si dovrebbero applicare al titolare del brevetto.
Alla limitazione a queste tre lingue si affianca poi la promessa da parte del Parlamento europeo di rimborsare i costi di traduzione sostenuti dalle piccole e medie imprese europee, dalle organizzazioni non profit, dalle università e dagli enti pubblici di ricerca: il brevetto unitario nasce con una particolare attenzione nei confronti delle piccole e medie imprese europee.
La scelta delle lingue è peraltro il motivo che ha spinto Spagna e Italia a cercare di fermare le varie proposte di brevetto unitario, tanto da costringere il Consiglio europeo ad autorizzare la “cooperazione rafforzata”, procedura decisionale prevista dai Trattati europei (articoli 20 del TUE e 329 del TFUE) per portare avanti i processo di integrazione, perseguendo gli obiettivi dell’UE senza coinvolgere la totalità degli Stati membri e, in mancanza di altre strade percorribili, per raggiungere lo stesso obiettivo “in tempi ragionevoli”.
Francia e Spagna, che possono decidere in qualsiasi momento di cambiare idea, stanno anche provando a bloccare il nuovo sistema brevettuale facendo ricorso alla Corte di giustizia europea: nel loro ricorso congiunto sostengono che la nuova iniziativa di cooperazione rafforzata vada oltre le competenze del Consiglio, che ci siano vie d’azione alternative e che la proprietà intellettuale rientri nel tema della politica commerciale comune, una delle quattro aree che costituiscono competenza esclusiva dell’Unione Europea e per cui questa procedura decisionale alternativa è esclusa.
La Corte di giustizia europea deve ancora decidere sul caso, ma l’Avvocato generale Yves Bot si è già espresso in maniera abbastanza univoca, tanto che sembra aver chiuso ogni possibilità di una conclusione favorevole alla posizione spagnola e italiana: dopo aver rilevato che per la prima volta la Corte di giustizia è stata chiamata ad occuparsi della legalità di una decisione concernente la procedura rafforzata, e che quindi il suo ambito di competenza deve essere particolarmente limitato andando a toccare la divisione dei poteri, Bot sottolinea come l’istituzione della tutela brevettuale unitaria “rispetti i trattati e il diritto dell’Unione e non rechi pregiudizio né al mercato interno né alla coesione economica, sociale o territoriale. Essa non costituisce un ostacolo né una discriminazione per gli scambi tra gli Stati membri, né provoca distorsioni di concorrenza tra questi ultimi”, rispettando al contempo “i diritti e gli obblighi degli Stati membri che non vi partecipano”.
La possibilità di ottenere il brevetto unitario, vale la pena notare, non pregiudica la disponibilità o le condizioni di tutela dei brevetti nei territori degli Stati membri non partecipanti ed inoltre le imprese ivi residenti dovrebbero in ogni caso avere la possibilità di “ottenere la tutela brevettuale unitaria nei territori degli Stati membri partecipanti alle stesse condizioni delle imprese degli Stati membri partecipanti”. Uno dei problemi attuali, sempre legato alla natura territoriale della proprietà intellettuale, è il fatto che sui titoli nazionali ottenuti attraverso il fascio di brevetti europeo hanno competenza le singole corti nazionali: situazione che crea diversi problemi, dalla moltiplicazione dei procedimenti (e di conseguenza dei costi ad essi legati), alla possibilità di avere sentenze contrastanti e di ricorrere al cosiddetto forum shopping , cioè la pratica di cercare di procedere in giudizio davanti al tribunale più lento o più favorevole alla propria parte.
Così, l’altra fondamentale novità introdotta con il pacchetto del brevetto unitari europeo è il trattato che istituisce una Corte unica brevettuale ( Unified Patent Court , UPC) che avrà competenza esclusiva per casi riguardanti validità e violazione di brevetti europei e brevetti unitari europei: la divisione centrale della Corte di prima istanza avrà sede a Parigi , mentre corti specializzate verranno istituite a Londra (per analizzare i brevetti chimici, farmaceutici e legati alle necessità umane) e a Monaco (per quanto riguarda l’ingegneria meccanica) . La Corte di appello avrà sede a Lussemburgo. Inoltre il Tribunale avrà sedi locali e regionali in modo tale da permettere agli interessati di ricorrere ad esso nella sede più vicina.
Per fare un esempio di come la giurisdizione esclusiva sia importante basti pensare alla travagliata vicenda giudiziaria legata al design di iPad: pur esistendo in Europea un sistema di registrazione unico del design valido in tutti e 27 gli Stati membri, il regolamento che lo istituisce lascia alle corti nazionali diverse libertà di agire come “corti di design europeo”. Così, quando Apple e Samsung si sono scontrare sulla validità e la violazione del design numero n. 000181607-0001 sia una corte britannica che una tedesca si sono ritenute competenti rispetto al caso, arrivando peraltro a due conclusioni contrastanti. Nel nuovo sistema brevettuale europeo non sono affrontate questioni sostanziali (come potrebbe essere l’argomento caldo della protezione brevettuale dei programmi per computer), ciò non toglie che un sistema unico potrebbe avere conseguenze anche sul mercato europeo dei software: è infatti una erronea eccessiva semplificazione quella di dire che in Europa non sono concessi brevetti su software, quando sarebbe da specificare che sono solo esclusi in quanto tali .
Vale in questo senso la pena notare come negli ultimi anni sia cresciuto il numero di brevetti legati ai software concessi dall’EPO e come questo preoccupi gli osservatori e possa influenzare un sistema in cui la giurisdizione è strettamente legata alle regole di questo organismo.
L’avere ora a disposizione un mercato che si estende sull’intero Vecchio Continente, a parte Spagna e Italia, potrebbe inoltre dare nuova linfa alle lobby del brevetto software o semplicemente spingere patent troll o grandi aziende a trovare il modo di ottenere protezione brevettuale per le tecnologie che ritengono più interessanti per il neonato mercato brevettuale europeo, sfruttando l’interpretazione restrittiva offerta dall’EPO alla nozione di programma per computer “in quanto tale”.
Anche per questo un gruppo di industrie tecnologiche che comprende Google, Oracle e IBM ha espresso preoccupazione sulle possibili conseguenze del nuovo sistema che “può rendere difficile proteggersi da cattivi brevetti”. April, associazione francese per il free software, ha messo in guardia circa la possibilità che apra a battaglie brevettuali sul software dell’ordine di grandezza visto in questi ultimi anni negli Stati Uniti.
Claudio Tamburrino