Le copie cache dei contenuti visualizzati nel browser dai cittadini della Rete sono copie funzionali alla navigazione e per questo motivo non si possono considerare riproduzioni sulle quali possano pendere delle licenze. La Corte di Giustizia dell’Unione Europea, chiamata a decidere sul particolarissimo caso Meltwater , ha sancito un principio logico ma mai formalizzato: la consultazione di una pagina Web è libera e gratuita.
La fattispecie presa in esame dai giudici europei scaturisce dagli attriti che si sono consumati fra Newspaper Licesing Agency (NLA), gruppo fondato dai otto maggiori editori di giornali britannici che si occupa di fornire licenze collettive riguardanti il contenuto dei quotidiani, e Public Relations Consultants Association (PRCA) che rappresenta dei professionisti britannici della pubbliche relazioni. I membri di PRCA si appoggiano da tempo ai servizi offerti da Meltwater, che offre rassegne stampa personalizzate compilate mediante il crawling delle fonti in Rete: Meltwater, che in principio si definiva un semplice motore di ricerca e si arrogava il diritto di aggregare liberamente i link a questi contenuti, dopo essersi scontrata con gli editori si è rassegnata a pagare una licenza per organizzare i link alle fonti in un database. A differenza di servizi come Google News, che pure non gode di buoni rapporti con gli editori, Meltwater svolge a pagamento il ruolo di un aggregatore di news, e per questo motivo le è stato imposto di pagare una licenza.
Ma la licenza per costruire un database con i link alle fonti non ha mai soddisfatto gli editori britannici: per questo NLA ha denunciato Meltwater e i suoi clienti, rivendicando il pagamento di una ulteriore licenza , quella per consentire agli utenti finali del servizio di accedere ai contenuti delle fonti e visualizzare le relazioni di monitoraggio attraverso il sito Internet della stessa Meltwater. Le relazioni, questa la ragione su cui si fondava la rivendicazione, contengono dei link alle fonti: l’utente finale, approfittando del link, realizza di fatto delle copie del contenuto ospitato dalla fonte originale: una copia a schermo , visualizzando il contenuto, e la copia cache che viene scaricata sul proprio hard disk. Poco importa che queste copie appaiano naturali, funzionali alla navigazione, e quindi non soggette ad autorizzazioni e licenze: NLA ha ottenuto che la giustizia del Regno Unito riconoscesse queste copie come delle riproduzioni a tutti gli effetti, delle copie per cui è necessario pagare.
Il caso, però, ha raggiunto la Corte Suprema del Regno Unito, la quale ha intuito che, avallando le decisioni dei precedenti gradi di giudizio e chiudendo il contenzioso a favore di NLA e della ambita licenza, si sarebbe venuto a creare un precedente che avrebbe rischiato di aprire una nuova era del copyright, con una Rete da navigare un tanto al click . Per questo i giudici britannici hanno scelto di consultare la Corte di Giustizia dell’Unione Europea.
I Giudici di Lussemburgo hanno analizzato la questione facendo riferimento all’articolo 5, paragrafo 1 della direttiva EUCD ( 2001/29/CE ), con il quale si stabiliscono le eccezioni a ciò che ricade nell’alveo dei diritti di riproduzione , eccezioni che, nel caso in cui non arrechino danno ai detentori dei diritti, non prevedono l’innesco dell’ordinario sistema di autorizzazioni e licenze. La direttiva prevede che siano esentati dal diritto di riproduzione “gli atti di riproduzione temporanea (…) privi di rilievo economico proprio che sono transitori o accessori, e parte integrante e essenziale di un procedimento tecnologico” e la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha dimostrato che la copia cache e la copia a schermo dei contenuti visualizzati dagli utenti di Meltwater non siano delle ordinarie copie: hanno una durata limitata nel tempo e sono funzionali rispetto alla navigazione.
Per quanto attiene la temporaneità e la transitorietà di queste particolari riproduzioni che si verificano nel corso di qualsiasi ordinaria sessione di navigazione online, i giudici europei hanno osservato che le copie che si creano sullo schermo cessano di esistere nel momento in cui l’utente chiude la pagina che sta consultando e che tale durata è “limitata a quanto necessario per il buon funzionamento del procedimento tecnologico utilizzato per la consultazione del sito Internet in questione”.
Le copie conservate nella cache del PC, invece, non sono copie transitorie, poiché la loro permanenza non è strettamente legata all’attimo della visualizzazione dei contenuti; sono copie certo temporanee, poiché sono soggette a riscrittura periodica, a seconda della capacità della cache stessa e del volume di traffico effettuato dall’utente, e sono accessorie al procedimento tecnologico nell’ambito del quale sono realizzate . Le copie che si vengono a creare con la visualizzazioni dei siti linkati da Meltwater non fanno certo eccezione.
Queste copie sfuggono inoltre ai diritti di riproduzione in quanto “parte integrante ed essenziale di un procedimento tecnologico”, come detta la Direttiva Europea: sia le copie cache che le copie sullo schermo non sono effettuate dall’utente, che si limita a esplorare un link , ma vengono create dal software e dall’hardware per assolvere alle loro funzioni. Se le copie a schermo sono logicamente funzionali alla visualizzazione del contenuto (e non alla creazione di una copia a favore dell’utente), si rileva che le copie cache “agevolano notevolmente il processo di navigazione in Internet, dal momento che quest’ultimo, senza tali copie, non sarebbe in grado di far fronte agli attuali volumi di trasmissione di dati online”.
Appurato dunque che copie cache e copie a schermo costituiscano delle eccezioni al diritto di riproduzione, “realizzate con l’unico scopo di consultare siti Internet”, la corte di Giustizia dell’Unione Europea si è confrontata con l’articolo 5, paragrafo 5, della succitata direttiva, nel quale si prescrive che le eccezioni vengano applicate solo nei casi in cui “non siano in contrasto con lo sfruttamento normale dell’opera o degli altri materiali e non arrechino ingiustificato pregiudizio agli interessi legittimi del titolare”. I contenuti consultati dagli utenti di Meltwater, si osserva, sono ospitati sui siti degli editori , i quali hanno acquisito dai detentori dei diritti d’autore la licenza di metterli a disposizione per la navigazione (lo “sfruttamento normale dell’opera”) e di realizzare così una comunicazione al pubblico: in virtù di ciò, si spiega nella sentenza, “non è giustificato esigere dagli utenti di Internet che ottengano un’ulteriore autorizzazione che consenta loro di usufruire di questa stessa comunicazione già autorizzata dal titolare dei diritti d’autore in questione”.
La libera navigazione online è salva , sebbene la particolare natura del servizio di rassegna stampa offerto da Meltwater potesse indurre ad avallare accidentalmente un sistema deviato di licenze sulle copie accidentali (peraltro già accarezzato altrove ): il cittadino della Rete non esegue una copia dei contenuti che intende semplicemente visualizzare e per questo motivo non deve chiedere autorizzazioni o pagare per farlo. “Per i tribunali che devono confrontarsi con le spinose questioni del copyright in Rete – hanno dichiarato i rappresentanti delle agenzie di stampa di PRCA – si tratta di un grande passo avanti nella giusta direzione”. NLA, dal canto suo, incassa la decisione e si rassegna a non pretendere denaro dagli utenti dei servizi di rassegna stampa. Ma si riserva di incassare di più, promettendo di aumentare i prezzi delle licenze per coloro che offrono questi servizi.
Gaia Bottà