UE, l'industria decide sulla conservazione dei dati

UE, l'industria decide sulla conservazione dei dati

Microsoft: pronti ad abbassare a sei mesi le soglie di data retention in Europa, a patto che anche gli altri motori facciano lo stesso. Mentre l'UE chiede aiuto a Google per rivedere la normativa in materia di privacy
Microsoft: pronti ad abbassare a sei mesi le soglie di data retention in Europa, a patto che anche gli altri motori facciano lo stesso. Mentre l'UE chiede aiuto a Google per rivedere la normativa in materia di privacy

Torna ad accendersi il dibattito su privacy e data retention in Europa. Con una lettera all’organismo comunitario competente, Microsoft si dichiara pronta ad accorciare i tempi di conservazione dei search data degli utenti UE, a patto che anche gli altri motori facciano lo stesso. Il tutto mentre l’Unione pensa ad una riforma della normativa sulla privacy, e nomina un executive di Google fra i propri consulenti.

Già nell’aprile scorso Articolo 29, l’organismo che affianca la Commissione Europea nelle scelte su privacy e dati personali dei cittadini, aveva richiesto ai search engine di ridurre a sei mesi i tempi di conservazione delle informazioni ricavate dalle attività di ricerca degli utenti. Ma nessuna delle tre maggiori realtà del settore – Google, Yahoo, Microsoft – si era conformata: MSN Live mantiene i record di ricerca dei suoi utenti per 18 mesi, Yahoo per 13 e BigG per 9.

Adesso, a modificare il quadro potrebbe intervenire la decisione dell’azienda di Redmond. A caldo, sia Yahoo che BigG hanno annunciato di non avere intenzione di apportare modifiche alle proprie policy in materia di data retention . Ma la pressione nei loro confronti potrebbe farsi più forte. Uno dei legali ingaggiati da Microsoft, Jack Vassallo, spiega che Ballmer e soci non possono ridurre i tempi di conservazione dei dati unilateralmente, perché questo procurerebbe loro uno svantaggio commerciale evidente. “Supportiamo le richieste dei funzionari” ha detto al New York Times , “ma chiediamo loro di assicurare che siano osservate da tutti. Diversamente, noi ne saremmo fortemente svantaggiati”.

Negli ultimi anni, l’avanzamento tecnologico nei sistemi di raccolta di dati personali è entrato spesso in conflitto con le normative nazionali e sovranazionali in materia di privacy. Secondo le internet company, la raccolta ed il mantenimento delle informazioni sugli utenti servono ad evitare le frodi e a migliorare i servizi. Ma attivisti e autorità di vigilanza invocano l’esigenza di rispettare la riservatezza individuale, e denunciano il reiterato impiego dei search data a scopo di profilazione e customizzazione degli annunci pubblicitari online,

Sicuramente, il settore in questione è uno di quelli in cui le normative fanno più fatica a “tenere il passo” del cambiamento tecnico, e richiedono revisioni costanti. E sarebbe anche per questo che in Europa, come racconta ArsTechnica , si starebbe valutando l’opportunità di apportare modifiche sostanziali alle leggi su protezione dei dati personali e privacy.

Ma la decisione dell’UE, encomiabile nel merito, rischia di suscitare più di una polemica per il metodo con cui viene perseguita. Per supportare il lavoro di modernizzazione delle norme da parte del già citato Articolo 29, infatti, i dirigenti di Bruxelles hanno creato un “panel” di esperti di cui farà parte anche Peter Fleischer , responsabile di Google per le questioni di privacy. In passato, Fleischer si è trovato spesso a difendere la Grande G di fronte alle richieste dell’Unione. Adesso, la scelta di convocarlo fra coloro che decideranno degli aggiornamenti del quadro normativo solleva sorpresa e qualche perplessità. Allo stesso tempo, rileva ArsTechnica , non è detto che la collaborazione non possa risultare vantaggiosa per tutti. I funzionari dell’Unione, infatti, avranno un quadro costantemente aggiornato sulle frontiere dell’internet search, mentre Google ricaverà una visione più definita sugli obiettivi delle normative UE.

Giovanni Arata

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Pubblicato il
10 dic 2008
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