Il controverso progetto della Commissione Europea che va facendosi strada in Europa , quello che prevede di estendere da 50 a 95 anni il copyright di esecutori, interpreti e produttori di fonogrammi, proprio non piace agli esperti.
Lo hanno voluto dichiarare con una nota quelli di NEXA , il think tank del Politecnico di Torino secondo cui la proposta partita dalla Commissione non offre quei benefici di cui si parla. Non si tratta, sottolineano, di provvedimenti capaci di rappresentare “un incentivo maggiore all’attività artistica”, né di misure che realizzino la cosiddetta pensione per gli interpreti , né di qualcosa che salvaguardi la concorrenza o che consenta davvero di creare un nuovo equilibrio tra i compensi per gli autori e quelli per gli interpreti.
“Finché non cambia il quadro normativo vigente, che consente alle case discografiche di acquistare tutti i diritti dagli artisti con un semplice compenso a stralcio (il cosiddetto buy out) – spiega NEXA – da un’estensione del termine di protezione possono guadagnare solo le case discografiche e quei pochi artisti-celebrità che abbiano un forte potere contrattuale”.
Il timore che l’intera manovra possa giocarsi in favore dei soliti noti era già stato sollevato da più parti , e secondo NEXA non è giustificabile nemmeno come tentativo di armonizzare la normativa europea con quella aldilà dell’Atlantico. “Neppure ha alcun senso impegnarsi in una rincorsa degli Stati Uniti sotto il profilo della durata della protezione dei due diritti connessi” – continua NEXA, anche perché il beneficio andrebbe tutto alle quattro major del settore che – sottolinea NEXA – “sono tutte americane”.
“È tecnicamente sbagliato poi affermare, come fa la proposta – dichiarano gli esperti di Torino – che le case discografiche europee avrebbero uno svantaggio concorrenziale in conseguenza del più lungo termine di protezione previsto dagli Stati Uniti, visto che il principio del trattamento nazionale garantisce che anche le case discografiche europee beneficino dello stesso termine di durata dei loro competitor americani “. E dunque: “Il prolungamento della durata della protezione andrebbe a beneficio delle case discografiche americane non meno di quelle europee, ma andrebbe pagato tutto dal pubblico europeo “.
Se proprio si vogliono concedere diritti agli artisti più deboli, allora si lavori sui cosiddetti “diritti ad equo compenso”, dice NEXA, e non su un termine più lungo destinato a beneficiare le major.
Il documento NEXA si conclude chiedendo che la proposta europea venga respinta in toto . “Diversamente – dicono a Torino – la sua adozione comporterebbe un ulteriore ostacolo per l’accesso e la circolazione di una importante risorsa culturale e ludica”.