Dublino – Riparte dall’Irlanda la riscossa delle associazioni che si battono per il rispetto dei diritti civili nell’era digitale contro la Direttiva europea sulla data retention che, a detta della locale Digital Rights Ireland (DRI) , rappresenta un disastro che l’Irlanda, ma anche l’Italia, ha fatto proprio con il recepimento. Si è infatti deciso di ricorrere alla Corte di Giustizia europea.
“Queste leggi – spiega il chairman di DRI, TJ McIntyre – richiedono agli operatori telefonici ed internet di spiare i propri clienti, registrare i loro movimenti, le loro telefonate, le loro email e gli accessi ad Internet, e di archiviare quelle informazioni fino ad un massimo di tre anni. Tutte informazioni a cui si può accedere senza ordine della magistratura o salvaguardie adeguate. Crediamo che questa sia una violazione dei diritti fondamentali. Abbiamo scritto al Governo per esporre le nostre preoccupazioni ma, poiché non si sono mossi, ora siamo costretti a passare all’azione legale”.
L’idea, dunque, è di denunciare in quanto incostituzionale un testo che, come noto, pur non comprendendo i contenuti di email o telefonate, di fatto permette di sorvegliare un individuo e ricostruire i suoi rapporti, le sue amicizie, i suoi orientamenti politici e sessuali e molto di più. Un problema già evidenziato anche in sede europea dai Garanti della privacy che, come già accaduto in altre occasioni, non sono stati ascoltati.
DRI sta ora tentando di dimostrare in tribunale che il governo irlandese non ha il potere di recepire queste leggi in quanto incostituzionali e contrarie alle stesse direttive europee sulla privacy.
“Inoltre – continua McIntyre – non crediamo che la Commissione Europea o l’Europarlamento avessero l’autorità per approvare la Direttiva sulla data retention. Riteniamo che questa forma di sorveglianza di massa sia una violazione dei Diritti umani, così come vengono riconosciuti nella Convenzione europea sui Diritti umani e nel capitolo sui diritti fondamentali dell’Unione che tutti gli stati membri hanno firmato”.
L’azione legale porta ad un nuovo piano la battaglia, mai sopita , contro questa direttiva. Dovesse avere successo, sostiene DRI, “l’effetto sarà di rendere inefficace la direttiva in tutti gli stati europei, non solo in Irlanda. Una decisione della Corte di Giustizia europea che determinasse come la direttiva sia contraria ai diritti umani legherebbe le mani a tutti i paesi membri, i loro tribunali e le istituzioni europee”.
DRI ricorda come “le informazioni sono raccolte e archiviate su tutti, indipendentemente se sono criminali, poliziotti, giornalisti, magistrati o semplici cittadini. Una volta raccolte, queste informazioni sono pronte per essere abusate e gestite in modo inopportuno. Nessuna prova è stata prodotta che indichi che le leggi sulla data retention possano far qualcosa per fermare il terrorismo o il crimine organizzato”.
Tra i tanti gruppi che sostengono a livello internazionale l’azione di DRI ci sono EFF , l’italiana ALCEI , FFII – Foundation for a Free Information Infrastructure , Privacy International e altri ancora.