L’Europa mette a segno un nuovo passo verso quella che è la definizione di una nuova tassazione dei grandi gruppi, quelli che in più di una occasione sono stati additati dell’elusione fiscale portata avanti grazie alla -lecita – triangolazione con paradisi fiscali di vario tipo. Il meccanismo è noto da tempo, così come è chiaro il fatto che la soluzione non possa essere nazionale, ma soltanto europea. L’UE, per lungo tempo recalcitrante su questo fronte, sembra invece aver voluto ora accelerare per mettere nero su bianco quel che è nei programmi ormai da lungo tempo.
Il passo odierno è una sorta di step preliminare, un documento che mette nero su bianco il contesto entro cui la Webtax andrà definita e regolamentata. L’accordo del resto già c’è, ma occorre costruirlo su basi legislative chiare, trasparenti e condivise. Le basi erano state gettate due anni fa, quando l’Europa già anticipava quale avrebbe dovuto essere il percorso obbligato se si fosse davvero voluta una Webtax unica e trasversale all’intero continente:
dobbiamo continuare a lavorare sulla lotta all’elusione fiscale e sull’ottimizzazione aggressiva della tassazione, indipendentemente dal fatto che sia guidata da aziende o individui, aumentando trasparenza e cooperazione. Dovremmo quindi identificare le giurisdizioni non cooperative che si rifiutano di implementare adeguatamente gli standard ampiamente accettati e aumentare la nostra pressione su di loro.
Le giurisdizioni non cooperative
Quel che l’UE ha portato a termine è quindi un corposo aggiornamento della lista delle “giurisdizioni fiscali non cooperative“, quelli che in gergo sono definiti “paradisi fiscali” per la bassa fiscalità e l’alto tasso di opacità dimostrato nei confronti delle autorità straniere. Spiega la commissione europea circa l’aggiornamento odierno:
Sono stati aggiunti alla lista delle giurisdizioni fiscali non cooperative quattro paesi o territori (Isole Cayman, Palau, Panama e le Seychelles) che non si sono adeguati alle norme richieste entro il termine. Essi vanno ad aggiungersi alle otto giurisdizioni (Samoa americane, Figi, Guam, Samoa, Oman, Trinidad e Tobago, Vanuatu e le Isole Vergini americane) già inserite nella lista e tuttora non conformi. Per contro, oltre la metà dei paesi interessati dalla lista 2019 è stata interamente depennata, in quanto è ora in linea con tutte le norme di buona governance fiscale.
Lo sfoltimento della lista consente quindi di creare un quadro internazionale più chiaro e collaborativo, utile per monitorare i flussi di denaro e poter così irreggimentare i grandi capitali dei “big” internazionali. La successiva dichiarazione di Paolo Gentiloni, Commissario europeo responsabile per l’Economia, suona come un memorandum d’intesa tra tutti i paesi membri per portare avanti una Webtax collettiva che a questo punto potrebbe essere sul rettilineo d’arrivo:
La lista UE delle giurisdizioni fiscali non cooperative contribuisce a migliorare concretamente la trasparenza fiscale globale. Ad oggi abbiamo esaminato i sistemi fiscali di 95 paesi e la maggior parte di essi è ora conforme alle nostre norme di buona governance. Questo processo si è tradotto nell’eliminazione di oltre 120 regimi fiscali dannosi in tutto il mondo e decine di paesi hanno iniziato ad applicare le norme in materia di trasparenza fiscale. I nostri cittadini si aspettano che le persone e le imprese più ricche paghino la loro giusta quota di tasse e tutte le giurisdizioni che consentono loro di evitarlo devono affrontare le conseguenze. Le decisioni adottate oggi mostrano che in quest’ambito l’UE è seriamente intenzionata