Nonostante il perdurare della crisi economica, la resa innovativa nell’Unione Europea è migliorata di anno in anno. Negli ultimi risultati del quadro valutativo Unione dell’Innovazione – edizione 2013 dell’ Innovation Union Scoreboard – i paesi membri nel Vecchio Continente hanno mantenuto insieme la quarta posizione nella lista delle nazioni più innovative, pur fuori dal podio detenuto dalla triade Stati Uniti-Giappone-Corea del Sud .
Annunciati a Bruxelles dal vicepresidente della Commissione Europea Antonio Tajani, i risultati di quest’anno hanno mostrato una preoccupante arretratezza dell’Unione in termini di investimenti aziendali nelle aree ricerca e sviluppo, così come nel settore brevettuale e nell’istruzione terziaria. I paesi membri sono comunque riusciti a ridurre il distacco con la Cina, piazzandosi più in alto di Australia, Canada, Brasile e India .
Gli ultimi dati dell’ Innovation Union Scoreboard hanno tuttavia fotografato un Europa a due velocità nella capacità di generare innovazione. Già inclusi nella categoria dei leader dell’innovazione, paesi come la Svezia, la Germania e la Danimarca restano caratterizzati da una resa ben al di sopra della media europea . “Tra i volani dell’espansione dell’innovazione nell’Unione Europea vi sono le PMI e la commercializzazione delle innovazioni, unitamente a sistemi di ricerca eccellenti”, si legge in un comunicato diramato da Bruxelles.
In sostanza, quei paesi già forti non hanno fatto altro che confermare la propria capacità di generare innovazione. Al contrario, nazioni come Spagna, Portogallo, Grecia e Italia hanno mantenuto costanti risultati inferiori alla media europea, classificati dal quadro valutativo come innovatori moderati. Il Belpaese si è piazzato al 16esimo posto in Europa, schiacciato da un sistema pubblico e privato che non riesce a far crescere l’innovazione .
“I risultati di quest’anno indicano che la crisi economica ha influito negativamente sull’innovazione in certe parti d’Europa – ha spiegato il vicepresidente Tajani – Gli investimenti nell’innovazione sono essenziali se vogliamo mantenere la nostra competitività globale e rilanciare la crescita in Europa. Dobbiamo incoraggiare l’imprenditorialità poiché le PMI sono un volano essenziale dell’innovazione”.
Tra i fattori critici in Italia, una percentuale decisamente bassa nel Prodotto Interno Lordo (PIL) investita nei settori ricerca e sviluppo: siamo all’1,3 per cento a fronte del 2 per cento della media europea e del 3 per cento di quella investita dai cosiddetti leader innovator (Svezia, Germania, Danimarca e Finlandia).
Il contesto tricolore è dunque frenato da un sistema imprenditoriale e finanziario che di fatto non è in grado di sostenere gli investimenti per rilanciare l’innovazione. Stando ai dati diramati dall’Unione Europea, il venture capital italiano risulta in calo dell’8,2 per cento , mentre il volume di spesa per quelle innovazioni diverse dal settore ricerca e sviluppo è diminuito del 15 per cento.
“L’Italia è uno degli innovatori moderati, con prestazioni sotto la media – si legge nella sezione dedicata al Belpaese dell’ Innovation Union Scoreboard – I punti di forza relativi risiedono in innovatori, effetti economici. I punti di debolezza relativi si registrano invece in finanziamenti e aiuti, investimenti delle imprese”. Il tutto mentre il livello di laureati con dottorati di ricerca è cresciuto del 7,5 per cento. Come a dire, avere il capitale umano ma non riuscire a valorizzarlo.
Mauro Vecchio