“Usare Internet a queste condizioni è come bere dell’acqua che si ritiene tossica”: i consumatori, ha spiegato il Commissario Europeo Meglena Kuneva, spesso a ragione non si fidano della rete, eppure si abbeverano ugualmente alle risorse che può offrire loro. Ma la situazione deve cambiare, se non si vuole che i cittadini smettano di attingere all’online, intossicati dagli abusi: i gestori delle piattaforme, gli operatori della rete, devono offrire maggiori garanzie. In caso contrario, l’Europa non esiterà ad intervenire.
Sono parole pronunciate da Kuneva durante una tavola rotonda dedicata alla raccolta di dati online mirata alla profilazione. Il Commissario ritiene che Internet e la comunicazione mediata dalla tecnologia rappresentino un’enorme occasione per i cittadini : “in termini di scelta, accesso e opportunità sono fra gli strumenti più potenti che che i consumatori abbiano mai avuto”. Per questo le persone dovrebbero partecipare alla rete e dovrebbero poter confidare nella rete.
Ma i servizi online, osserva altresì Kuneva, si nutrono di pubblicità e dei denari degli inserzionisti. “I dati personali sono il petrolio di Internet e la moneta corrente del mondo digitale” ha avvertito Kuneva: “la pubblicità online è mirata sull’individuo e progressivamente basata sul profilo e sui comportamenti dell’utente”. Ma non per questo bisogna diffidare dalla rete o rassegnarsi alla deprivacy , abdicando al proprio diritto alla riservatezza.
L’obiettivo dell’UE è quello di agevolare un naturale bilanciamento fra le spinte del mercato e i diritti del cittadino a controllare il versante pubblico della propria vita e a non subire intrusioni e abusi. Nemmeno negli aspetti più connessi e condivisi delle relazioni che intessono in rete, alle quali le aziende partecipano con sempre più convinzione. “Dal punto di vista della comunicazione a sfondo commerciale – provoca il Commissario – il World Wide Web si sta trasformando in un World Wild West “: c’è bisogno di agire per contenere questo rischio.
Sono tre le direttrici lungo le quali Kuneva suggerisce di agire. In primo luogo è necessario che le aziende sappiano rassicurare gli utenti, offrendo loro informazioni trasparenti riguardo alle procedure a cui verranno sottoposti i dati che i netizen condividono online. “Più di quattro giovani utenti Internet su cinque credono che le loro informazioni personali siano in qualche modo usate senza che lo sappiano e condivise con terzi senza il loro assenso” ricorda il Commissario. Non bastano le attuali garanzie di opt-out , denuncia Kuneva, non bastano le attuali formulazioni delle policy relative alla privacy , spesso neglette e poco accessibili. Il rifermento a Facebook tracciato da Kuneva è implicito : la doppia rettifica alla policy è da imputarsi alla mobilitazione dei cittadini della rete. Ma questa non dovrebbe rappresentare la regola, non è possibile “delegare ai consumatori il compito di monitorare la rete per gli abusi che si celano nelle miriadi di policy incomprensibili esistenti”. Condizioni di utilizzo stabili, linguaggio chiaro, chiari meccanismi di opt-in e opt-out : questo il minimo comun denominatore con cui i servizi internet dovrebbero offrirsi ai propri utenti.
È necessario poi tracciare un confine tra il comunicato pubblicitario e i messaggi che colpiscono nel vivo il cittadino della rete, che generano stress , che affiggono stigmi. Kuneva ricorda che i rastrellamenti di dati, per essere insidiosi, non devono necessariamente investire la reale identità del netizen o elementi come gli indirizzi IP, che fanno da ponte tra la vita connessa e la vita offline. A poco servono le rassicurazioni e le procedure di anonimizzazione se i messaggi pubblicitari recapitati creano pressione sfiorando aspetti delicati della vita del cittadino , come le sue condizioni di salute o il suo tenore di vita.
La profilazione inoltre, suggerisce poi il Commissario, implica una categorizzazione oltremodo pericolosa: Kuneva spiega che la personalizzazione può sfociare nella discriminazione . La raccolta e l’analisi dei dati relativi ai comportamenti dei cittadini possono tracciare i limiti di ciascuno: regimi di spesa, comportamenti nell’acquisto, puntualità nei pagamenti. È così che a ciascun consumatore potrebbe essere offerta solo una parte dello spettro dei servizi disponibili sul mercato, solo quelli per i quali sarebbe disposto a pagare. Ciascuno avrebbe dunque la possibilità di accedere e di prendere in considerazione solo le certe offerte: una situazione che potrebbe sfociare in una suddivisione artificiosa e poco competitiva dei mercati a cui si rivolgono le aziende.
Il Commissario, così come ha fatto di recente la Federal Trade Commission statunitense, invita i fornitori di servizi online a riflettere, a scrivere le regole del gioco e a ritagliarsi i propri modelli di business nel rispetto dei consumatori. Si tratta di un ultimatum: “se non assisteremo ad una risposta adeguata alle preoccupazioni dei consumatori riguardo alla raccolta dei dati e alla profilazione – ha avvertito Kuneva – non ci sottrarremo ai nostri doveri di regolatore e non aspetteremo che sia un cataclisma a mobilitarci”.
Gaia Bottà