Un vento di protesta è tornato a spirare in Rete, ancora una volta nei confronti del famigerato Anti-Counterfeiting Trade Agreement (ACTA). Il trattato globale anti-contraffazione è dunque tornato al centro delle analisi in terra europea, primo protagonista di un recente studio commissionato dalla Commissione sul Commercio Internazionale del Parlamento del Vecchio Continente.
Preparata dall’Istituto per la Globalizzazione e la Regolamentazione Internazionale dell’Università di Maastricht, l’analisi ha così invitato tutti i parlamentari d’Europa a non accettare l’attuale versione di ACTA. Bensì a rivederla e modificarla in base alle leggi comunitarie , possibilmente insieme ad una serie di linee guida da far implementare ai singoli stati membri dell’Unione Europea.
Diversi i rischi legati all’attuale versione del trattato anti-contraffazione, a partire dal mancato supporto della Doha Declaration on TRIPS and Public Health . L’accesso dei vari paesi ai più svariati medicinali in circolazione potrebbe così risultare compromesso. Più in generale, lo studio europeo ha sottolineato come ACTA non porti alcun vantaggio specifico ai cittadini comunitari, almeno non benefici ulteriori rispetto a quelli già esistenti.
L’analisi accademica ha dunque evidenziato la mancata partecipazione al trattato di nazioni come Cina, India e Brasile . Il che renderebbe piuttosto inutile l’implementazione di ACTA, date le già forti relazioni bilaterali tra Europa e Stati Uniti. I parlamentari d’Europa dovrebbero pertanto rivedere il trattato, che non andrebbe comunque respinto in toto.
A respingere ACTA è stato invece il Senato del Messico, che alla fine di giugno aveva invitato l’esecutivo a non ratificare il trattato internazionale. Una specifica risoluzione è stata così adottata ufficialmente dai senatori messicani, in attesa di una decisione da parte del governo locale. In Europa la palla è già passata alla Corte di Giustizia, che dovrà capire se ACTA sia compatibile o meno con le leggi comunitarie .
Mauro Vecchio