Le criptovalute non potranno essere utilizzate come scappatoia dalle sanzioni che l’Unione Europea sta infliggendo alla Russia e alla Bielorussia. La decisione è stata comunicata dalla Commissione Europea con un fine specifico: evitare che i settori o le persone sanzionate potessero aggirare i blocchi ed evitare tutte quelle conseguenze che le sanzioni hanno come vera ed ultima finalità. Dopo i dubbi emersi in occasione del primo giro di vite contro Mosca, l’UE ha esplicitamente anche incluso le criptovalute nel perimetro degli asset congelati e messi nel mirino.
Come spiegato dalla Commissione, “si chiarisce che i crypto asset ricadono tra le transferable securities” e che questo concetto vale tanto per la Russia, quanto per la Bielorussia. Per entrambi i Paesi è previsto il blocco dello SWIFT, lo stop ai trasferimenti con la banca centrale, la limitazione di depositi esteri al di sopra dei 100 mila euro da parte di residenti e altro ancora.
Sanzioni e criptovalute
Il testo precisa in modo inoppugnabile come le criptovalute vadano identificate come veri e propri prodotti finanziari e che in quanto tali vadano fatte ricadere all’interno dei valori che non è più possibile mobilitare. Inoltre sono stati aggiunti 160 nomi ulteriori a quelli presenti nel primo elenco: si tratta di 14 oligarchi ed imprenditori, nonché 146 membri del Concilio della Federazione Russa, per un totale complessivo di 862 individui e 53 entità di varia natura. Per tutti costoro valgono le restrizioni bancarie tanto sulla valuta tradizionale, quanto sulle criptovalute: l’occhio della task force KleptoCapture guarda anche e soprattutto in questa direzione.
Il motivo alla base di tutto resta lo stesso: occorre difendere l’Ucraina in quanto stato sovrano messo a repentaglio dall’invasione russa. Il fronte occidentale continua pertanto a confermare massima coesione, in attesa che il debito sovrano russo porti il Paese al default e si inizi pertanto a ragionare dell’occupazione in nuovi termini. La macchina economica internazionale si è messa in moto, con la Cina che partecipa come terza entità (o terzo incomodo?) al banchetto dei negoziati, ma mentre pacchetti azionari e rubli vedono cadere il proprio valore, di criptovalute si discute in termini di bene da bloccare in quanto potenzialmente utile per una fuga dai vincoli imposti dalla politica. E da oggi il giro di vite è ancor più intenso.