A poco sono serviti i timori sollevati dagli USA e le preoccupazioni evidenziate dai report delle istituzioni UK: il Primo Ministro britannico, Theresa May, pur nel bel mezzo del caos legato alla Brexit, ha posto la propria firma sul documento del National Security Council che consentirà a Huawei di partecipare alla realizzazione delle infrastrutture 5G sul territorio del Regno Unito. È quanto segnala oggi il Telegraph.
5G: il Regno Unito apre a Huawei
Sembra dunque confermata la posizione resa nota nei mesi scorsi dal National Cyber Security Centre che si era espresso sulla delicata questione definendo “gestibili” i rischi legati all’impiego di apparecchiature o tecnologie di provenienza cinese. Ci saranno però alcune limitazioni: il coinvolgimento del colosso di Shenzhen potrà riguardare solo ed esclusivamente la fornitura di componenti non-core delle reti 5G come le antenne.
Jeremy Fleming, numero uno del GCQQ (Government Communications Headquarters), l’agenzia governativa che si occupa di regolamentare tutto ciò che è relativo all’ambito delle comunicazioni sul territorio britannico, incontrerà a Glasgow i membri delle intelligence di Australia, Canada, Nuova Zelanda e Stati Uniti per illustrare i motivi della decisione e come il Regno Unito intende gestire i potenziali pericoli legati alla cybersecurity.
Sul tavolo ci sono non solo le preoccupazioni legate all’impiego di sistemi di manifattura cinese per gestire e veicolare le informazioni nei paesi occidentali, ma anche gli interessi legati a un business, quello del 5G, che sta letteralmente per esplodere. Huawei punta ad essere il leader del mercato, ma si trova a dover necessariamente fare i conti con gli ostacoli imposti prima dagli Stati Uniti, poi di conseguenza da diversi paesi a livello globale come Germania, Francia e Nuova Zelanda, talvolta come conseguenza di una scelta operata dagli operatori locali.
Anche alcune importanti istituzioni accademiche come il Massachusetts Institute of Technology hanno scelto di interrompere le partnership con realtà asiatiche come la già citata Huawei e ZTE per questioni legate a doppio filo alle accuse mosse oltreoceano. La posizione ufficiale dell’Europa non prevede per il momento alcun ban, ma suggerisce prudenza. Sulla stessa linea l’Italia.