Nonostante la sferzata antipirateria ai danni di Kodi sono sempre di più gli utenti che abusano del noto player multimediale per fruire di contenuti video protetti da copyright. I più accaniti appaiono gli utenti del Regno Unito, Paese in cui il 15 per cento degli internauti (circa 7 milioni di persone) approfittano dello streaming o download di materiale audiovisivo infrangendo i diritti d’autore.
Poche settimane fa è iniziata la diaspora di numerosi add-on per Kodi , utilizzati per bypassare i blocchi ai contenuti protetti (sarebbe il 13 per cento degli utenti a fare questa ammissione ). Dietro minaccia di organismi governativi e case di produzione e distribuzione molti sviluppatori di questi software sono stati costretti o convinti a rimuovere le loro creazioni. Ma l’intervento anziché dissuadere gli utenti all’utilizzo della piattaforma online per visionare materiale pirata sembra abbia creato una sostanziale migrazione verso altri dispositivi. E nello specifico verso i set-top box che ospitano il software Kodi precaricato e opportunamente modificato.
I dati che decantano un abbattimento degli accessi a materiale protetto online sono quindi da leggere alla luce di questa verità. L’Intellectual Property Office (IPO), ammette che effettivamente nel Regno Unito il calo degli accessi a materiale pirata online (che dal 2013 è stato del 30 per cento) deve tenere in considerazione questo fenomeno oltre che un incremento dell’utilizzo di piattaforme pulite e legali per ospitare materiale pirata (quanto accade ad esempio con YouTube) piuttosto che la forte crescita dei casi di stream ripping ovvero di download di materiale nato per lo streaming.
Vista la loro forte diffusione, la Corte di Giustizia UE è dovuta intervenire mettendoli al bando, facendo eco anche ai “colleghi” statunitensi che stanno valutando azioni simili. Alcuni market place come eBay e Amazon hanno altresì deciso di bloccarne le vendite. Rimane il fatto però che gli apparecchi “vergini” non sono di per sé illegali e gli utenti possono caricare app e software a loro piacimento.
Nonostante le opportunità di fruizione legale siano nel tempo aumentate con la nascita di numerose piattaforme (i cui prezzi sono calati nel tempo), la pirateria sembra dura a piegarsi: “non c’è mai stata così tanta scelta o flessibilità per i consumatori di TV e musica, comunque lo streaming illecito e lo stream ripping stanno danneggiando questo progresso” – afferma Ros Lynch, copyright e IP enforcement director presso UKIPO, UK Intellectual Property Office.
Il problema non riguarda ovviamente solo il video. Anche la pirateria musicale è particolarmente aggressiva. Da un recente rapporto sul mercato inglese emerge che il ripping è cresciuto del 141 per cento tra il 2014 e il 2016 sostenuto perlopiù da un pubblico tra i 16 e i 34 anni. Anche i siti Internet dedicati alla musica piratata si sono orientati allo streaming, che oggi occupa circa il 68 per cento dei contenuti ospitati . Nel caso della musica la sorgente del materiale proviene in buona parte da YouTube secondo una ricerca di Incopro confermata da un ulteriore report presentato recentemente in una conferenza a Londra. Secondo alcuni sarebbe proprio il ripping la vera minaccia alla musica nel 2017, anche se visti i dati di crescita “legale” di servizi del calibro di Spotify e Deezer verrebbe da chiedersi se allo stato attuale ci sia davvero da preoccuparsi, nel Regno Unito, così come altrove.
Mirko Zago