Londra – Piace o non piace ai sudditi di Sua Maestà? Gli inglesi sono disposti a barattare la propria privacy con la sicurezza? Il governo inglese ha lanciato un’indagine a tutto campo per sondare l’umore dei cittadini, per analizzare imprevisti e probabilità della gestione del database genetico forense utilizzato dalle forze dell’ordine per combattere e prevenire il crimine.
Sarà la Human Genetics Commission ( HGA ) a gestire la ricerca potendo contare su 75mila sterline di investimenti: verranno ascoltate centinaia di persone, verranno presi in considerazione i loro pareri riguardo al database più sconfinato del mondo. Raccoglie l’identità genetica di 4 milioni di persone , archivia i dati di oltre il cinque per cento della popolazione del Regno Unito. Una mole di informazione genetica che dipende dal fatto che le forze dell’ordine di Inghilterra e Galles possono obbligare i sospetti a fornire dei campioni di DNA. Anche nel caso in cui siano accusati di crimini minori come l’accattonaggio o la caccia di frodo, a differenza di quanto avviene avverrà per la banca dati italiana .
Ma anche la composizione del database è destinata a suscitare polemiche : “Vi compaiono soprattutto i dati di giovani uomini, un terzo della popolazione di colore vi figura”, ha spiegato John Sulston, a capo della HGC. Numeri destinati a crescere in maniera spropositata: presto l’archivio potrebbe includere i dati genetici del 25 per cento della popolazione maschile e del 7 per cento della popolazione femminile. E le minoranze etniche potrebbero essere le categorie più bersagliate.
I dati, inoltre, non possono in alcun modo essere rimossi , nemmeno qualora il sospetto di cui è stato raccolto il DNA si dimostrasse non colpevole . Un sistema che solleva senza dubbio problematiche di natura etica e sociale.
D’altro canto, ha sottolineato Sulston, cresce il numero di crimini che viene risolto grazie al database: alle forze dell’ordine basta raccogliere della prove sul luogo del delitto e confrontarle con i dati archiviati. Sono 20mila all’anno i casi chiusi grazie alla prova del DNA.
Con l’indagine si tenterà di bilanciare questi due aspetti, di valutare delle strategie per conciliare i diritti dell’individuo con l’efficienza che un database sterminato può determinare nell’ambito della pubblica sicurezza. Di mettere a punto delle opportune garanzie affinché il database forense non si trasformi in un occasione per procedere, come paventava recentemente Rodotà, alla schedatura genetica di massa.
Gaia Bottà