Un panel di tre giudici per lo scontro tra la coppia di provider British Telecom-TalkTalk e le autorità del Regno Unito. Al centro della disputa, il famigerato Digital Economy Act ( DEA ), la legge britannica che colpirà tutti quegli utenti colti con le mani nel sacco del file sharing globale.
Nell’aprile 2011, l’Alta Corte d’Albione aveva sottolineato come le previsioni legislative della cosiddetta cura Mandelson non costituissero una violazione delle varie direttive europee. BT e TalkTalk avevano infatti tirato in ballo le disposizioni comunitarie sul commercio elettronico, sulla protezione dei dati personali e la privacy .
Ai due ISP non erano affatto piaciute le regole imposte dalla legge, a partire dall’ obbligo di avvisare gli scariconi secondo il modello della Dottrina Sarkozy . Le misure del DEA avrebbero dunque avuto un impatto disastroso sui diritti fondamentali degli utenti – ad esempio quello alla privacy – oltre che sul business legato ad Internet.
Ma il governo di Londra potrà ora procedere senza intralci, dal momento che la richiesta di revisione del testo di legge è stata bocciata dai giudici in appello. Una nuova sconfitta per i due provider, che ora dovranno arrendersi all’evidenza: le regole del DEA sarebbero totalmente conformi ai principali dettami comunitari .
E quella di BT e TalkTalk è una sconfitta doppia . Ribaltando la precedente decisione della High Court , i tre giudici britannici hanno trovato legittima la suddivisione dei costi relativi al regime del copyright. In sostanza, agli ISP toccherà il 25 per cento delle spese di gestione della macchina dell’enforcement del diritto d’autore.
I vertici di TalkTalk non sembrano comunque voler sotterrare l’ascia di guerra, pensando con calma alla prossima mossa . È ipotizzabile un nuovo ricorso alla Corte di Giustizia d’Europa . Mentre i due provider sono stati obbligati a pagare il 93 per cento del totale delle spese legali sostenute nel corso del processo in terra britannica.
Mauro Vecchio