“Tu non puoi passare!”. Citando il barbuto Gandalf di tolkeniana memoria, sarebbe stato questo il leitmotiv che ha accompagnato l’arrivo a Broughton, piccolo villaggio del Regno Unito delle demoniache Googlecar. Gli abitanti del posto avrebbero , secondo le cronache , costituito un vero e proprio cordone umano per impedire all’indiscreto occhio rotante di catturare estratti di vita cittadina e persino dei paesaggi circostanti.
La motivazione di un tale gesto, oltre che alla tanto acclamata violazione della privacy, sarebbe da ritrovarsi in episodi di criminalità che hanno turbato nei mesi scorsi la quiete del villaggio, fobia che ha alimentato la paura che vedere la propria casa fotografata sul web costituisca un allettante invito per manigoldi d’ogni sorta. A mobilitare la popolazione del paesino del Buckinghamshire sarebbero stati infatti alcuni episodi di furto, che avrebbero allarmato l’intera popolazione alla vista di auto sospette. Una volta vista in lontananza la Googlecar, che di certo non passa inosservata grazie al suo impianto di telecamere rotanti, Paul Jacobs sarebbe subito sceso in strada con l’intento di avvertire tutto il vicinato dell’incombente minaccia.
“La mia reazione immediata è stata un’impeto di rabbia” racconta l’uomo. “Come può qualcuno osare così tanto fino ad arrivare a scattare una foto di casa mia senza il mio esplicito consenso? Quindi sono corso fuori per fermare la macchina ed ho detto al conducente che non solo stava invadendo la nostra privacy, ma che stava anche favorendo il crimine”. Gli fa eco sua moglie, che racconta degli ultimi furti avvenuti in zona nelle settimane precedenti e di come “vedere le nostre abitazioni su Google rappresenti un chiaro invito affinché altri criminali vengano a colpire”.
La vicenda, che ha visto accorrere sul posto la polizia locale, si sarebbe risolta con la resa dell’autista, costretto dall’inamovibile cordone di cittadini a fare inversione e tornare da dove era arrivato. Nonostante questo possa considerarsi tra i primi casi di reazione collettiva contro l’occhio di Google, va considerato che il Regno Unito è il paese in cui Street View ha generato più polemiche. Sin dal giorno del suo annuncio ufficiale le associazioni per la tutela della privacy hanno dichiarato guerra ad uno strumento giudicato invasivo, indicandolo rumorosamente come usurpatore della privacy.
Nonostante ciò anche le autorità sembrano dar ragione a Google, sostenendo che di fatto il servizio offerto da Street View non costituisce alcuna violazione della privacy. Inoltre sarebbero sufficienti le misure per la tutela della riservatezza attuate da Google: in altre parole, piuttosto che minacciare azioni legali, come ad esempio hanno fatto i coniugi Boring , sarebbe più opportuno richiedere la rimozione delle immagini scomode attraverso il sistema offerto dal servizio stesso.
L’arrivo delle Googlecar sembrerebbe comunque non passare mai inosservato: anche in Canada , prossimo paese sulla lista di Google, sono stati sollevati dubbi in materia di privacy da parte di Pierre Poilievre, membro del Parlamento locale, il quale si era detto preoccupato di veder finire tonnellate di immagini originali (senza alcun effetto blur) su un server straniero, attaccando la legge canadese per fornire un così debole mezzo di contrasto ad attacchi del genere. Paradossalmente, dopo alcuni giorni, il politico si è ricreduto, interrogandosi sul fatto che la legge locale possa essere in qualche maniera troppo restrittiva davanti ad un’opportunità culturale, quella offerta da Google, di far conoscere il paese nei suoi aspetti più quotidiani. Pur di non privare il paese di una simil opportunità, il politico sarebbe disposto a cambiare la legge in materia di privacy ritenuta ormai obsoleta per gli estesi confini della società attuale. Il tutto, però, purché Google chieda ad ogni singolo cittadino il consenso di postare le immagini che lo ritraggono.
Vincenzo Gentile